Droghe nel Rinascimento

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    Durante il Medioevo cristiano si assiste a un mutamento di atteggiamento nei confronti delle droghe.
    Esse furono recepite tra i concetti di “male” e di “peccato” dalla religione cristiana. Ecco allora accendersi roghi anche per chi ne faceva uso. Il divieto non riguardò soltanto l’uso religioso, ma anche quello medico.
    Con la scoperta del Nuovo Mondo, arrivano in Europa dall’America la coca e il tabacco.
    In Europa, lo sviluppo di discipline scientifiche come la chimica, la farmacologia e la medicina, permise ad alcune droghe di ritornare a essere principi attivi o eccipienti in farmaci. Nel 1541 il medico e alchimista svizzero Paracelso introdusse in medicina il laudano, una soluzione idroalcolica di oppio che diventò rapidamente popolare in tutta Europa, ancora in uso ai giorni nostri.
    L’enorme tornaconto economico derivante dal consumo di oppio, fu alla base della decisione dell’India di creare nel 1526 un monopolio della coltivazione del papavero, della raccolta del suo lattice, della produzione e della vendita.
    In seguito alla conquista delle provincie dell'impero Ottomano da parte delle truppe napoleoniche, fu introdotto in Francia, e poi nel resto dell’Europa, l'uso voluttuario della canapa.

    fonte

    Sull'oppio:
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    Al tramonto del Medioevo, con la diffusione dei rituali magici e delle pratiche iniziatiche collettive, il ricorso a miscele vegetali con proprietà psicotrope si faceva massiccio. Unguenti delle streghe erano denominati tali preparati, con essi ci si doveva spalmare per partecipare ai sabba e perdersi, nella totale anestesia, in deliri tossici ed allucinazioni. In queste droghe l’oppio era un costituente fondamentale assieme ad altre sostanze stupefacenti e psichedeliche come la canapa, la mandragola e la belladonna.

    Agli inizi del Cinquecento, nel periodo più nero della crudele “caccia alle streghe” scatenata dall’Inquisizione, la conoscenza degli effetti stupefacenti dell’oppio era tale da indurre alcuni medici ed umanisti, come Andrés Fernandez de Laguna, Gerolamo Cardano e Giambattista Della Porta, a spiegare l’allucinata e malefica fenomenologia della stregoneria con l’azione di tale sostanza e di altri principi psicoattivi. La conoscenza dell’oppio, in questo senso serviva a naturalizzare un ambito delle pratiche e delle tradizioni magiche, e, di riflesso, a liberare in parte dalle superstizioni, dal sospetto e dalla menzogna l’atteggiamento con cui si guardava alla malattia mentale.

    Nello stesso periodo l’oppio veniva assunto dagli alchimisti per stimolare la creatività e l’immaginazione necessarie alla realizzazione della “grande opera”, nella ricerca della pietra filosofale e dell’acqua di gioventù. Lo stesso Paracelso, il principe degli alchimisti, attribuiva i suoi successi ad un preparato a base d’oppio, il laudano, che egli stesso aveva elaborato a partire da un elettuario del medico veronese Fracastoro: «Io possiedo un farmaco arcano che è superiore a ogni cosa mortale».

    Il Cinquecento era anche l’epoca dei viaggi, delle prime esplorazioni e delle prime vere osservazioni antropologiche ed etnologiche. Comune tra i resoconti erano le descrizioni dell’uso dell’oppio da parte dei popoli orientali e tra questi i Turchi erano senza esitazioni riconosciuti come i maggiori consumatori. Il naturalista francese Belon annota nel 1546 che «non v’è turco che non spenda il suo ultimo soldo per comperarsi dell’oppio, che porta seco in tempo di pace e in tempo di guerra. La ragione per l’uso dell’oppio è che essi sono convinti che diventano così più coraggiosi e arditi e temono meno i pericoli della guerra. Quando c’è la guerra, vien comperata una tal quantità di oppio, che non se ne trova più in tutto il paese.» Mentre il medico e naturalista tedesco Leonhard Rauwolf così descriveva nel 1573 il bazar di Aleppo: «anche qui si trova dai farmacisti l’oppio, che i locali chiamano però ofiun. I Turchi, i Mori, i Persiani e molti altri popoli lo prendono abitualmente, ma non lo prendono solo quando devono lottare e combattere contro i nemici, per non pensare alla morte e darsi coraggio, ma anche in tempi di pace, per mettere a taceere le ansie e le brutte fantasie, o almeno per attenuarle.»

    fonte

    In un romanzo ho appena trovato questo:

    CITAZIONE
    Kif (droga)

    Il kīf - keːf, ki(ː)f; in arabo: ﻛﻴﻒ‎ - è una droga leggera a base di hashish.

    Da esso si distingue, però, per la differenza della setacciatura: più grossolana rispetto all'hashish, tale da permettere il passaggio, oltre che dei tricomi e del conseguente THC (Delta-9-tetraidrocannabinolo), anche di residui vegetali come particelle di foglie e fiori della cannabis.

    Viene prodotto in particolare in Marocco, ma anche in Sudafrica, Australia, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Danimarca, dove è consumato in particolare dalle popolazioni dell'area di Tangeri e del Rif in momenti come la fine della giornata di digiuno (ṣawm) del mese lunare di Ramaḍān, quando l'organismo è indebolito dalla mancata assunzione di cibo o bevande.

    Nel libro si dice che era consumata da Pico della Mirandole e Mitridate fumato nella pipa o impastato nei dolci.

    Viene anche fatta menzione della resina di cannabis, usata per stordire una vittima di rapimento.
     
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    Oddio non so se sto sbagliando ma ricordo che addirittura il caffè era considerato una droga alla stregua dell'oppio e infatti credo che a Costantinopoli chi ne faceva uso venisse additato come "trokato". E' interessante comunque vedere quanto ne facessero uso anche in tempi non sospetti.
     
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1 replies since 6/5/2018, 22:55   145 views
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