Lo studio dell'astronomia tra trecento e cinquecento

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    Recentemente mi sto appassionando alla storia dell'astronomia per ragioni decisamente poco accademiche, ed essendo un'orgogliosa unibo ALUMNAH ho fatto qualche ricerca su come la materia sia stata insegnata e studiata nel corso dei secoli nella mia università. Ebbene, la fortuna e un'amica più informata di me (#bazze) mi hanno portato a questo sito http://museospecola.difa.unibo.it/ che tratta l'argomento approfonditamente, condivido qua sotto i punti più salienti.

    CITAZIONE
    Non sappiamo esattamente quando l'insegnamento dell'astronomia ebbe inizio nello studio bolognese, ma, all'incirca negli stessi anni in cui maestro Moneta iniziava a commentare Aristotele, troviamo a Bologna la persona che sarebbe diventata il più famoso degli astrologi della sua epoca: Guido Bonatti (inizi XIII sec.-c.1296).[...] Guido Bonatti ci ha lasciato una vera compilazione astrologica, dal titolo Decem continens tractatus astronomiae, che sopravvive in un ampio numero di codici e che fu impresso tre volte: nel 1491, nel 1506 e nel 1550. [...] Nel trattato di Bonatti la sezione dedicata all'astronomia matematica è assai corta. Egli da' le nozioni fondamentali sull'equatore, l'eclittica, le coordinate altazimutali, il sistema di Tolomeo dei deferenti e degli epicicli ed illustra il modo in cui questi permettono di spiegare i fenomeni di stazione e di retrogradazione dei pianeti.

    CITAZIONE
    I più antichi statuti dell'Università degli Artisti a noi pervenuti risalgono al 1405. Essi contengono un programma dettagliato per l'insegnamento dell'Astronomia, il quale recita come segue:
    "In astronomia primo anno legantur algorismi de minutis et integris, quibus lectis, legatur primus geometriae Euclidis cum commento Campani. Quo lecto, legantur tabulae Alfonsi cum canonibus. Quibus lectis legatur theorica planetarum. In secundo anno primo legatur tractatus de sphera, quo lecto legatur secundus geometriae Euclidis, quo lecto legantur canones super tabulis de linerijs. Quibus lectis, legantur tractatus astrolabij Mes[sa]chale [sic]. In tertio anno primo legatur Alkabicius, quo lecto legatur Centiloquium Ptolomei cum commento haly [sic]. Quo lecto legatur tertius geometriae, quo lecto, legatur tractatus quadrantis. In quarto anno primo legatur quadripartitus totus, quo lecto legatur liber de urina non visa. Quo lecto legatur dictio tertia almagestj."

    E soprattutto si parla del soggiorno di Niccolò Copernico presso l'Unibo (cosa che non conoscevo e che mi ha gasato moltissimo) e sull'influenza della teoria eliocentrica sull'ambiente dotto italiano ancora prima delle sue scoperte:
    CITAZIONE
    Il 6 gennaio 1497 Copernico si iscrisse, quindi, alla matricola del collegio di nazionalità tedesca, pagando nove grossetti: "...Dominus Nicolaus Kopperlingk de Thorn grossetos novem", si legge nei registri degli Annales Clarissimae Nationis Germanorum.
    L'ambiente culturale astronomico italiano e bolognese della fine del XV secolo riveste, quindi, particolare interesse per il lungo soggiorno effettuato da Copernico proprio in quegli anni. Naturalmente questo è sempre stato considerato un evento di particolare importanza e ha attratto l'attenzione degli studiosi, i quali, in generale, sono concordi nell'affermare che, dopo i lavori di Marsilio Ficino, di Pico della Mirandola e di altri umanisti loro contemporanei, un qualche tipo di eliocentrismo, anche se filosofico e teologico più che geometrico, era assai diffuso nell'ambiente dotto italiano. Non sono invece concordi nel valutare le possibili influenze di questo su Copernico, più che altro perché egli avrebbe potuto già venire a contatto con idee relativamente analoghe durante il suo soggiorno a Cracovia, a causa della diffusione del pensiero di Nicolò Cusano nell'Europa centrale (42).
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    Grazie Nene! Una volta ho provato anch'io ad informarmi per ragioni altrettanto poco accademiche e ricordo con esattezza di non aver capito niente, quindi ne ero uscita solo con poche e confuse idee sugli gnomoni. <3

    Qui c'è qualcos'altro:

    CITAZIONE
    Come si è già detto, l'insegnamento dell'astronomia, all'epoca considerata una branca della matematica, era basato sul De sphaera di Sacrobosco. Quest'opera analizzava il moto della sfera delle stelle fisse, l'ordine delle sfere planetarie e quello degli 'elementi' (fuoco, aria, acqua e terra), il moto del Sole e, più approssimativamente, quello della Luna, allo scopo di spiegare le cause delle eclissi solari e lunari. Il Sole e la Luna erano generalmente classificati come 'pianeti', sebbene talvolta fossero caratterizzati come 'luminari'. In ogni caso, non era fatta alcuna netta distinzione tra la natura del loro moto e quello degli altri pianeti, cosicché l'introduzione all'astronomia fornita dal testo di Sacrobosco, scritta evidentemente a fini didattici per l'insegnamento presso l'Università di Parigi, doveva sembrare più generale ai lettori contemporanei di quanto non appaia oggi. La matematica propriamente detta era confinata da Sacrobosco a un livello minimo d'analisi, mentre era fornito un compendio dei primi due libri dell'Almagesto di Tolomeo. Maggiori dettagli matematici, e in particolare discussioni sul moto degli altri pianeti, erano contenute nella Theorica planetarum, che circolava sotto il nome di Gherardo da Cremona (1114 ca.-1187). In realtà, Gherardo fu solamente il traduttore di quest'opera, scritta in arabo nel IX sec. dall'astronomo musulmano al-Farġānī (l'Alfragano dei latini). Quest'ultimo, che visse a Baghdad, aveva basato il suo trattato sull'Almagesto. L'opera di Tolomeo, che presuppone una notevole conoscenza matematica da parte dei suoi lettori, era infatti ben conosciuta presso gli astronomi islamici, a partire dal IX secolo. Il livello dell'istruzione matematica sembra sia stato considerevolmente più alto nei paesi musulmani che nell'Occidente latino almeno fino alla prima parte del XV secolo. Probabilmente non fu un fattore secondario, nell'interesse dei Musulmani per l'astronomia, il fatto che competenze astronomiche fossero necessarie per stabilire i tempi della preghiera e, ancor più, la direzione della Mecca. L'esistenza di un numero rilevante di testi introduttivi, indica come, anche nel mondo islamico, l'Almagesto fosse considerato un testo troppo difficile per chi non avesse ampie conoscenze astronomiche. Gherardo da Cremona tradusse, oltre alla Theorica planetarum, anche l'Almagesto, in modo da renderlo accessibile agli studiosi di lingua latina. Questa traduzione fu stampata nel 1515, quale editio princeps dell'opera di Tolomeo.

    E continua per un bel po' su treccani!
     
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1 replies since 4/3/2018, 16:52   59 views
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