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CITAZIONE Il piccolo editore spagnolo Siloé, che è specializzato nella pubblicazione di antichi manoscritti, pubblicherà una nuova edizione del Manoscritto Voynich, un libro così misterioso che nessuno lo ha mai letto. Nella classifica dei libri famosi illeggibili è secondo forse soltanto a Finnegan’s Wake di James Joyce. Il manoscritto fu realizzato tra il 1404 e il 1438 – così ha stabilito la datazione al carbonio – e sembra uscito da un racconto di Borges, da un romanzo di Umberto Eco o dalla follia di Luigi Serafini: l’identità dell’autore o degli autori è sconosciuta, è passato per le mani di alchimisti, medici, eruditi gesuiti, imperatori, ma soprattutto è scritto in una lingua e in un alfabeto che nessuno è ancora riuscito a decifrare nonostante decine di studiosi, linguisti, filologi, esperti di decrittazione militare, appassionati di misteri, dilettanti allo sbaraglio, blogger e curiosi ci stiano provando dal 1912, l’anno in cui Wilfrid Voynich, un mercante di libri rari inglese di origini polacche, lo acquistò dal Nobile collegio gesuita di Villa Mondragone, un paese vicino a Frascati. Come se il testo non fosse sufficiente ad alimentare il mistero e a generare ipotesi scientifiche e fantascientifiche sull’esistenza di antiche civiltà precolombiane e/o caucasiche e/o extraterrestri, il manoscritto contiene anche centinaia di illustrazioni a colori che raffigurano piante di specie altrettanto sconosciute, oltre a zodiaci, costellazioni, macchinari, bulbi, tubi e cellule – o almeno cose che potrebbero esserlo – e a decine di donnine nude immerse in vasche e strane tubazioni, non si capisce intente a fare cosa.
[...] Le pagine sono 201, ma in origine erano probabilmente 232: si ritiene che 16 fogli siano andati perduti. Il formato è ridotto, una caratteristica insolita in libri così antichi: 16×22 centimetri, poco più della metà di un foglio A4, quello più comune che si usa per stampare. Il libro è strutturato in quattro sezioni più un inserto centrale ripiegato sei volte, dove sono disegnate figure a forma di stella, altre simili a tubi, altre ancora rotonde, in cui alcuni hanno riconosciuto telescopi e microscopi che all’epoca della stesura non erano ancora stati inventati, oppure cellule, che non erano state ancora scoperte. Tutto qua sul Post
CITAZIONE “Ho svelato la lingua segreta del manoscritto Voynich”
[..] Dal 2014, dopo un’esposizione alla Folger Library di Washington e la decisione di Yale di mettere integralmente online il documento, il Voynich è diventato un «mistero di massa». I video su YouTube sono virali, con centinaia di migliaia di visualizzazioni. E le teorie invadono i forum dedicati.
Una delle ultime, tra le più intriganti, viene dal video di un appassionato di enigmi storici, Giuseppe Bianchi di Arquata Scrivia, geometra dell’Agenzia per il Po. Che è certo di aver individuato il metodo di codifica dell’elusivo alfabeto. E di avere dei riscontri oggettivi. «Le chiavi per leggere il Voynich sono nel primo foglio - afferma -. Insieme con l’ex Libris di Jacobus de Tepenec, farmacista alla corte di Rodolfo II a Praga e primo possessore certo del codice, si notano tre capoversi che non hanno corrispondenze nei glifi del cosiddetto alfabeto Voynich. Più un altro, quasi del tutto cancellato». Bianchi ha ingrandito i caratteri alfabetici e i fregi della prima pagina, li ha sovrapposti grazie a un programma Cad, software di solito utilizzato per i disegni in campo ingegneristico. «Ho scoperto che alcuni tratti delle lettere combaciavano perfettamente con i bordi dei capoversi. Ho concluso che i fregi della prima pagina rappresentavano dei normografi, impiegati per tracciare i veri caratteri del Voynich, nascosti all’interno delle lettere visibili». I caratteri alfabetici sarebbero quindi delle lettere-contenitore, lontane parenti degli ideogrammi cinesi: ognuna formerebbe una parola e ogni parola, una frase. Il manoscritto non sarebbe tale, ma un esperimento di prototipografia, eseguito con degli stencils, di solito usati per riempire di colore le figure nei libri rinascimentali.
L’ipotesi avvicina il Voynich all’altrettanto misterioso e indecifrato disco di Festo, trovato a Creta da una spedizione archeologica italiana nel 1908. I suoi simboli sconosciuti sono stati impressi sull’argilla con dei sigilli più di 3500 anni fa. È stato definito il più antico esempio di stampa a caratteri mobili.
Sul Voynich i dubbi restano però. La sua pergamena è stata setacciata da microscopi e analisi spettrografiche. Possibile che siano sfuggite le giunture tra i caratteri all’interno delle lettere contenitore? «Forse non sapevano dove guardare. Una maggiore definizione delle immagini potrebbe fornire la prova definitiva» replica Bianchi. Il documento continua a eludere i suoi detective. Non solo nell’alfabeto. [...] tutto sulla stampa
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