Olocausto e negazionismo

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    Il negazionismo dell'Olocausto è una corrente di pensiero antistorica e antiscientifica[1] il cui principale assunto è la negazione della veridicità dell'Olocausto[2], ossia del genocidio degli ebrei da parte della Germania nazista. Tale teorizzazione, attraverso l'uso spregiudicato e ideologizzato di uno scetticismo storiografico portato all'estremo, nega una serie di eventi connessi al fascismo e al nazismo[1]; secondo questa teoria, l'Olocausto stesso sarebbe un'enorme finzione, funzionale alla demonizzazione della Germania, alle politiche sotterraneamente perseguite dai circoli ebraici mondiali e alla creazione e difesa dello Stato d'Israele[3].

    I sostenitori di queste tesi si descrivono come persone che pretendono prove[4] e come "storici revisionisti" interessati a rivedere gli studi attuali, che essi definiscono in diversi modi, quali "olocaustomania"[5], "menzogna olocaustica"[6], "sacra vulgata olocaustica"[7]. L'uso del termine "revisionismo" anziché "negazionismo" è contestato dalla comunità scientifica, che vi vede un tentativo di occultare dietro un termine dal legittimo uso accademico (revisionismo storiografico) un'operazione di minimizzazione e negazione di fatti acquisiti. Sono state quindi coniate espressioni che fanno invece leva sulla parola "negazione", rilevando come lo scopo sia unicamente quello di "negare" la veridicità storica della Shoah[8].

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    CITAZIONE
    Che il negazionismo costituisca una sfida non solo per gli storici ma, più in generale, per le società democratiche, è oramai un riscontro tanto diffuso quanto ancora poco compreso. Basti pensare al revanscismo fascistoide che si sta accompagnando all’evoluzione dei populismi europei, partendo dall’Ungheria, passando per la Grecia per arrivare alla Francia. La funzionalità del discorso che nega, o ribalta, il passato, stravolgendone non solo i significati condivisi ma lo stesso tracciato fattuale, ovvero il succedersi degli eventi, si incontra con fenomeni sociali e culturali nel medesimo tempo complessi e stratificati. La crisi economica senz’altro pesa molto nello smarrimento collettivo che, sul piano culturale, si trasforma in un vero e proprio sbandamento cognitivo.

    PRODUZIONE DI IDENTITÀ

    Dinanzi ad un futuro opaco e ad un presente incerto il giudizio su quello che è stato si trasforma in una variabile dipendente dai sentimenti del momento e, soprattutto, dai risentimenti di lungo periodo. Depurare i fascismi dei loro aspetti più brutali, a partire dall’agire sterminazionista con il quale hanno causato e condotto una guerra catastrofica, permette non solo di riabilitarne i trascorsi, nobilitandoli agli occhi di collettività smarrite, ma anche di rilanciarne la natura di progetti politici e sociali basati sull’anestetizzazione di ogni residua coscienza critica. Il problema, allora come oggi, non è mai la persistenza in sé del fascismo come ideologia della prevaricazione razzista ma il darsi di una costellazione di fattori che rendono plausibile il ricorso ad esso come strumento di soluzione non negoziata dei conflitti.

    Dopo di che lo spazio del negazionismo è purtroppo oggi più che mai dilatato. Più che leggerlo come il mero ritorno di qualcosa che sussiste carsicamente è bene soffermarsi sui luoghi in cui esso si dà come veicolo di costruzione di identità. Non importa quanto fittizie e manipolate, trattandosi di un fenomeno che per definizione sfida qualsivoglia ragionevolezza, poiché dotato di una razionalità ferrea, intrinseca, autoreferenziale, che proprio nel prescindere deliberatamente dai dati di fatto ha costruito le sue fortune. Siamo infatti in presenza di una dimensione al contempo controfattuale e mitografica. [...]

    Il negazionismo, oggi, si presenta come un’affabulazione isterica sul cosiddetto contropotere che deriverebbe dal mettere alla berlina il sapere condiviso, tanto più se prodotto di una lunga ricerca. I nessi con il complottismo sono immediati, se non altro perché antisemitismo e fascismi da sempre svolgono una narrazione a sé stante del tempo presente, alimentandola di rimandi all’occultamento di coalizioni di forze, all’azione clandestina di soggetti parassitari, in una sola espressione alla lettura dei conflitti come il prodotto di un campo di volontà celate.

    Tutto qua, pubblicato in occasione di un convegno

    Edited by ‚dafne - 25/9/2018, 21:03
     
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  2. Donna_Rebecca
     
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    Io forse sono troppo drastica, ma non posso fare a meno di nutrire un profondo, radicato disprezzo e una riprovevole compassione nei confronti dei negazionisti.
    Non voglio usare termini volgari, ma nella mia visione sono davvero degli individui privi di raziocinio. 6 milioni di persone, certo, si sono volatilizzate puff ... così. Anzi mettiamo che sono state pure inventate.
     
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    Mi sembra una faccenda veramente meschina e anche (per usare un tecnicismo) una poracciata, perché alcuni sostengono solo che ci sia stato un numero minore di morti, e non mi pare che questo ridimensioni alcunché; altri dicono che non c'erano camere a gas e questo dovrebbe rendere accettabili la discriminazione razziale, gli esperimenti e i campi di concentramento? E' una follia. Sto anche leggendo che Noam Chomsky, che studio spesso in linguistica, ha in un certo senso sdoganato un negazionista in nome della sua 'libertà di parola'. Mi sembra un atteggiamento sbagliatissimo e pericoloso, perché mi pare che certi revisionismi vadano quasi più ignorati di quanto si combattano, per non dare loro dignità. Un po' come le storie contro i vaccini.
     
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    Due documentari segnalati dal Venerdi:

    A German Life racconta la vicenda di Brunilde Pomsel, segretaria di Goebbels e unica sopravvissuta della sua cerchia a 105 anni. Il doc ha immagini di repertorio e un'intervista a Brunilde stessa.

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    Austerlitz ci è in un certo senso più vicino e documenta l'atteggiamento dei turisti odierni nei luoghi dello sterminio, con selfie e picnic tra i forni crematori.

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    Memoria. I sopravvissuti raccontano è documento storico assolutamente unico, che raccoglie le testimonianze di 90 degli ebrei italiani reduci della deportazione ad Auschwitz fra il 1943 e il 1945.
    Un racconto dalla viva voce di chi ha vissuto tutte le fasi della Shoah italiana, dall'arresto alla deportazione fino alla liberazione e al ritorno in Italia.
    Il ricordo di chi ha provato sulla propria persona la follia della storia e ne porterà il segno per sempre.
    Memoria. I sopravvissuti raccontano, regia di Ruggero Gabbai. Autori: Marcello Pezzetti e Liliana Picciotto, Produzione: Italia, 1997; durata: 90' (col).

    fonte

    Visto oggi a lezione, come documentario merita moltissimo! Tra l'altro quelli del CDEC hanno fatto un lavoro notevole dato che le testimonianze raccolte sono più di novanta, anche se non tutti si sono prestati per il documentario (comprensibilmente).
    E' completo su Vimeo con sottotitoli in inglese: Memoria
     
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    Grazie per la segnalazione! Trovato anche su yt:

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    Ho scoperto solo adesso questo episodio: il 16 maggio 1944 i deportati sinti e rom di Auschwitz si rivoltarono contro le SS. Purtroppo non finì bene, ma è una storia credo pressoché sconosciuta.

    CITAZIONE
    Il 16 maggio del 1944 nel campo di concentramento di Auschwitz andava in scena la dimenticata “rivolta dei gitani”. Ogni anno si ricordano le atrocità del nazifascismo, ma in pochi ricordano quei 500.000 tra Rom e Sinti massacrati dal Terzo Reich.
    Era il 16 maggio 1944 nel campo di concentramento di Auschwitz quando le SS decisero di farla finita con il campo adibito alle famiglie zingare. Un olocausto, quello patito da Sinti e Rom, che in molti preferiscono dimenticare, o meglio far finta che non sia mai avvenuto. Quel giorno le SS ricevettero l’ordine di smantellare il campo, ovvero di eliminare tutti gli internati. Nessuno si sarebbe mai aspettato di assistere a una rivolta dei gitani reclusi che, quel 16 maggio, uscirono dalle loro baracche in oltre quattromila, decisi però a non farsi massacrare senza combattere. In teoria dovevano uscire e seguire i nazisti fino alle camere a gas, ma quel giorno decisero di ribellarsi raccogliendo pietre e spranghe e lanciandosi contro le SS. I tedeschi poi gliela fecero pagare riducendo alla fame il campo e uccidendo ben 2897 Rom nella stessa notte, il 2 agosto dello stesso anno.

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    Sembra un vicenda pressochè simile all'attentato di Via Rasella! :O
     
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    Yessa! #resist.
     
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    Awwww il padre di Piero <3 comunque l’altro giorno ho scoperto la storia di questo ebreo tatuatore ad Auschwitz che si è innamorato di una prigioniera ed ovviamente la storia mi ha incuriosito moltissimo tanto che visto che è appena uscito un libro e ora pare vogliano farci un film.

    CITAZIONE
    er più di 50 anni, Lale Sokolov ha vissuto con un segreto: essere stato testimone del più odioso crimine contro l’umanità dell’era moderna, l’Olocausto. Solo negli anni Ottanta si è scoperto che l’uomo, nato come Ludwig «Lale» Eisenberg da genitori ebrei in Slovacchia nel 1916, era stato il «tatuatore di Auschwitz». Fu lui a raccontare come incise un numero sulle braccia di chi sarebbe morto in una camera a gas. «Essere sopravvissuto per quasi tre anni in un campo lo ha portato a vivere tra paranoie e paure. Ho dovuto guadagnarci la sua fiducia, ci sono voluti tre anni di lavoro», spiega Heather Morris, autrice della sua biografia (scelta perché non ebrea), in un articolo sulla Bbc.

    Questo è tratto da un articolo del
    Corriere che potete trovare qui
    Mentre per il libro si intitola il “Tatuatore di Auschwitz” di Heather Morris e penso sia ovunque sia in libreria che sui maggiori siti come Amazon o Ibs.
     
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    Ho appena visto Tutto davanti a questi occhi e sono molto scossa. E' un bellissimo documentario, essenziale, si vede raramente più del volto e mezzobusto di Sami Modiano. La sua storia è straziante e raccontata con molto candore, la sua fiducia nei ragazzi commovente. Ve lo straconsiglio ma se siete sensibili guardatelo con qualcun altro o con molta cioccolata.
    Questo è un estratto brevissimo: