Immigrazione e stranieri nella Roma rinascimentale

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    La città di Roma è sempre stata caratterizzata da una folta presenza straniera,
    ma questa si accresce notevolmente dopo l’esilio avignonese (1308-1377)1
    . Tra la
    fine del Trecento e gli inizi del Cinquecento la città raddoppia la sua popolazione
    proprio per l’insediamento d’immigrati
    . Alcuni cronisti quattrocenteschi
    prospettano addirittura “una città di stranieri”
    , ma la Descriptio Urbis del 1527, il
    primo “censimento” romano, suggerisce che si tratti di un’esagerazione: i romani
    dovrebbero infatti essere stati il 68% della popolazione e i non italiani circa il
    7,3%­4
    . In ogni caso il dato è stupefacente perché non lontano dalle percentuali
    odierne.
    L’incremento immigratorio dei non italiani è dovuto al ritorno dei pontefici
    e al conseguente rilancio dell’economia urbana: la Curia a Roma sollecita i traffici e attira di nuovo i pellegrini5
    . In alcuni casi il pellegrinaggio stesso facilita a
    sua volta la nascita di nuclei stranieri e di strutture di accoglienza. Inoltre tanti
    stranieri lavorano presso o per la corte pontificia, nonché nelle o per le singole
    corti dei cardinali6
    . Il loro impegno non è limitato al commercio: l’analisi degli
    umanisti attivi a Roma nel tardo Quattrocento e nel primo Cinquecento rivela
    un’immigrazione cospicua di intellettuali, cui si accodano artisti, architetti e
    artigiani specializzati, talvolta provenienti da molto lontano7
    . Inoltre copisti
    stranieri, soprattutto di aree tedesca o dei Paesi Bassi, operano nell’Urbe e aprono
    la strada ai primi tipografi, in genere provenienti dalle stesse zone8
    . [...] Il flusso di personale laico ed ecclesiastico dalla Penisola a Roma procede a
    ondate: ogni elezione papale provoca l’arrivo dei conterranei del nuovo pontefice, che
    dunque non è costante nel tempo, pur se la presenza di forti corti cardinalizie può
    fungere a sua volta da magnete10. Va inoltre ricordato che alcune regioni, per esempio
    la Corsica, assicurano dalla fine del Quattrocento servi, artigiani e soldati: in questo
    caso siamo davanti a una presenza continua che crea un proprio insediamento
    tra l’isola Tiberina e Trastevere11. Per quanto riguarda gli stati europei possiamo
    notare come i flussi verso l’Urbe coinvolgano banchieri, mercanti, artigiani, fornai
    e tavernieri provenienti d’oltralpe12. [...] Nel Quattrocento l’afflusso di immigrati, che restano per lungo tempo o
    addirittura per sempre e servono da appoggio ai pellegrini e ai diplomatici del loro
    paese26, porta alla fondazione di confraternite e ospizi27. Inoltre stimola la creazione
    di chiese nazionali, un fenomeno che affonda le sue radici nei secoli precedenti,
    ma che ora conosce nuovo impulso28

    Tutto qui: Matteo Sanfilippo
    - Roma nel Rinascimento: una città di immigrati
     
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    Interessante! Senza contare poi tutti gli ebrei espulsi dalla Spagna, anche se molti in effetti da lì raggiunsero Costantinopoli/Istanbul quindi non saprei quanti si fermarono a Roma.

    Ah, nel libro "Caravaggio" di Andrew Graham-Dixon se non sbaglio ci sono un po' di cartine e ricostruzioni della Roma dell'epoca; anche se non è più 'periodo Borgia' proverò a darci un'occhiata, magari c'è qualcosa di valido anche per il primo XVI secolo :°
     
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    Ah, nel libro "Caravaggio" di Andrew Graham-Dixon se non sbaglio ci sono un po' di cartine e ricostruzioni della Roma dell'epoca; anche se non è più 'periodo Borgia' proverò a darci un'occhiata, magari c'è qualcosa di valido anche per il primo XVI secolo :°

    Molto interessante, era un libro che avrei preso in ogni caso perché amo Caravaggio! Ho letto "M: l'enigma Caravaggio" che a dispetto del titolo italiano alla Kazzenger è una biografia e peraltro una ottima at that, se cerchi altre letture su di lui te la consiglio <3 tra l'altro lì ci sono gran descrizioni della città più 'borgatara', l'unico problema è che non mi va di riportarle a mano!

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    Interessante! Senza contare poi tutti gli ebrei espulsi dalla Spagna, anche se molti in effetti da lì raggiunsero Costantinopoli/Istanbul quindi non saprei quanti si fermarono a Roma.

    Non so se me li son persi nel testo originale o se non ci siano proprio, ma è vero che meriterebbero una menzione!
     
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    Un articolo un po' meno "romano" da Repubblica:

    0f728d544520849 2bb799544520883



    CITAZIONE
    C'è stato un tempo in cui il Mediterraneo fu già lo scenario di tragedie simili a
    quelle attuali: accadde esattmente all'epoca in cui la formazione delle grandi monarchie nazionali moderne avvenne al prezzo dell'intolleranza religiosa come strumento per formare una "identità", cioè un sentimento collettivo di appartenenza. La vicenda si può far cominciare dal 1492, con la migrazione di centinaia di migliaia di ebrei dalla Spagna dove l'unificazione di popoli di culture, lingue e religioni diverse sotto un solo sovrano avvenne al prezzo dell'espulsione delle minoranze religiose. Seguì tra il 1607 e il 1614 l'espulsione della ancor più numerosa minoranza dei "moriscos", nonostante che si fosse piegata al battesimo. Fra queste due date la frattura religiosa dell'unità cristiana aveva intanto obbligato numerose comunità europee a spostarsi verso stati dove fosse possibile praticare la loro religione diventata un'eresia per il luogo dove abitavano. Il principio che legava la religione di un popolo a quella del sovrano territoriale , sancito con la "pacificazione religiosa" di Augusta, risolse il problema di come garantire la sopravvivenza di strutture statali davanti alla diffusione inarrestabile di laceranti conflitti religiosi tra le ortodossie in lotta.
    Lo studio di quel che accadde allora nel Mediterraneo e in Europa ha proposto scenari tragici ma con qualche dato a favore di chi ritiene che l'afflusso di gruppi umani in cerca di lavoro e portatori di altre culture possa essere un'occasione positiva e di crescita per le società disposte ad accoglierli.
    Nel caso degli ebrei sefarditi come in quello dei "moriscos" ritroviamo molti aspetti delle tragedie attuali: navi affondate o respinte dai porti cristiani con un carico umano esposto alla fame e alla peste, uomini, donne e bambini abbandonati su coste ostili, esposti a finire sui mercati del lavoro schiavile e della prostituzione (allora molto fiorenti). Il numero delle vittime fu altissimo. Quantificarlo è difficile, ancor più di quanto lo sia oggi quello degli annegati nel Mediterraneo.
    Ma ci furono alcuni casi in cui si aprirono ai migranti possibilità di insediamento. È noto il caso del duca di Ferrara che aprì le porte del suo stato agli ebrei spagnoli e li tutelò dall'intolleranza religiosa seminata nel popolo dalla Chiesa: ne ricavò così vantaggi economici e regalò alla città e allo stato un grande arricchimento civile e culturale. E anche il granducato di Toscana aprì agli ebrei portoghesi in fuga la possibilità di insediarsi nell'area di Livorno : le leggi "Livornine" (1593) ne garantirono la sicurezza. Livorno ne ricavò uno sviluppo economico e culturale che la rese il porto maggiore del Mediterraneo e una vera capitale culturale aperta alle idee di tolleranza dell'Illuminismo.

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3 replies since 22/2/2016, 00:55   30 views
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