Monuments Men, gli eroi che salvarono l’arte

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  1. marie.
     
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    Se state seguendo Che tempo che fa lo starete sentendo in questo momento:

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    CITAZIONE
    Dal 1943 al 1951, nel pieno della seconda guerra mondiale e anche dopo la fine delle ostilità, un manipolo di militari alleati, reclutati tra direttori di musei, artisti, archivisti, studiosi dell’arte, bibliotecari e architetti, con l’aiuto di francesi, italiani e anche di qualche tedesco illuminato, salvò alcuni dei capolavori dell’Occidente, come la Gioconda di Leonardo e la Madonna di Bruges di Michelangelo, recuperandoli e sottraendoli al saccheggio dei nazisti o alla distruzione. La seconda guerra mondiale è stato il conflitto più devastante nella storia dell’umanità. Le principali città dell’Europa furono ridotte in macerie dai bombardamenti, con un numero di vittime impressionante. Eppure il museo Louvre a Parigi e la Cappella Sistina a Roma sono ancora lì, intatti. Come hanno fatto così tanti monumenti e opere d’arte a sopravvivere alla guerra e alla furia nazista?

    Gli eventi principali del conflitto, Pearl Harbor, lo sbarco in Normandia, l’offensiva delle Ardenne, la battaglia di Stalingrado, la Shoah, la Resistenza al nazifascismo, sono entrati a far parte della nostra coscienza collettiva, così come i libri e i film (da Roma città aperta a Schindler’s List) e gli scrittori, gli attori e i registi (da Hemingway a Spielberg) che ci hanno fatto rivivere quei momenti epici o drammatici. Ma è poco nota la vicenda di quel gruppo di circa 350 uomini e di donne di tredici nazionalità diverse, quasi tutti di mezza età, che, come afferma lo storico americano Robert Edsel, «hanno letteralmente salvato il mondo come lo conosciamo». Persone senza mitra o carri armati, che non solo ebbero la lungimiranza di comprendere la gravissima minaccia che incombeva sulle opere d’arte, ma si schierarono anche in prima linea per evitarla. Questi eroi sconosciuti erano i Monuments Men, come s’intitola il libro dello stesso Edsel, vale a dire «gli uomini della Monumenti», che prestarono servizio nella MFAA (Monuments, Fine Arts, and Archives), la sezione Monumenti, belle arti e archivi dell’esercito anglo-americano. All’inizio la loro responsabilità era limitare i danni al patrimonio artistico dovuti ai combattimenti, soprattutto quelli agli edifici storici: chiese, musei e monumenti. Con l’estendersi del conflitto, quando si varcò il confine tedesco, la loro missione si incentrò principalmente sulla localizzazione di opere d’arte trasportabili e altri beni trafugati dai nazisti.

    leggi tutto su Il Messaggero

    I Monuments Men con la Dama con l'ermellino:

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    Edited by marie. - 9/2/2014, 21:03
     
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    Io li amo ;______; Vorrei leggermi il libro e capire bene quello che hanno fatto, ieri sera pensavo che ne avrei saputo di più, ma Fazio aveva da fare troppo il piacione -___-
    Btw mi è piaciuta tantissimo la frase che ha detto Clooney sul fatto che dovevano salvare la Storia, oltre che le vite umane.
     
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    Anche a me Clooney ha colpito moltissimo, non in altre cose (certe volte mi è sembrato spaesato) ma per il modo in cui ha sottolineato che che si voleva cancellare una storia e un'identità. E non avevo la più pallida idea che ci fossero ordini di rubare opere d'arte e di distruggerle addirittura dopo la morte di Hitler! Volevo andare ad abbracciare il Monument Man superstite che era in studio!
     
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    Oh si il monument man in studio era cosi ciccino ;__; e comunque la fotografia del Louvre deserto mi ha fatto un certo effetto..
     
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    Hanno portato il monument man al Cenacolo ç___ç permesso speciale per la foto!

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    CITAZIONE
    Foto di gruppo per i «Monuments Men» davanti al capolavoro di Leonardo: uno scatto di solito vietato a tutti, salvo autorizzazione straordinaria della Sovrintendenza

    CITAZIONE
    La giornata milanese di George Clooney e dei suoi monuments men è cominciata con la visita al Cenacolo di Leonardo , proprio l’opera che compare nella scena d’apertura del suo ultimo film da regista.

    corriere
     
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  6. marie.
     
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    Si fa sempre più spaventoso:

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    CITAZIONE
    La cosa interessante è che la lotta dei Monuments Men continua ancora. Nel 2007, Robert Edsel, il filantropo che attraverso un libro ha riportato alla luce la vicenda ha creato una fondazione per la conservazione dell’arte (www.monumentsmenfoundation.org) che ha tra gli obiettivi proprio quello di continuare la lotta cominciata da quei 353 volontari del patrimonio artistico. E’ stato attraverso la fondazione di Edsel, ad esempio, che il Kimbell Art Museum in Texas ha scoperto nel 2011 che una delle sue opere rinascimentali, un busto di terracotta raffigurante probabilmente la marchesa di Mantova di Isabella d’Este, era parte di un gran numero di pezzi depositati nella famosa miniera di sale di Alt Aussee, in Austria, uno dei luoghi utilizzati dai nazisti per conservare le opere d’arte trafugate in Europa (tra cui innumerevoli capolavori dei musei italiani). L’inchiesta in questione ha rivelato che il busto era appartenuto a un medico svizzero, Otto Lanz. Dopo la sua morte, la collezione era entrata nel mirino di Göring e Hitler, il ministro della propaganda acquistò poi il pezzo nel mese di aprile 1941.

    Ma nonostante i ritrovamenti (e quello in casa Gurlitt è clamoroso) e malgrado la presenza di tante opere d’arte trafugate dai nazisti (o frutto di vendite forzate) nei musei di Austria, Francia (qui secondo il NYT pare ve ne siano almeno 2mila) e Germania all’appello mancano ancora tanti capolavori. I most wanted fanno mostra di sé in scolorite immagini in bianco e nero nel sito della Fondazione Monuments Men, a formare un museo straordinario perduto nelle nebbie del tempo, forse perduto per sempre, dove, tra gli altri, troviamo un Caravaggio (Il ritratto di giovane donna), scomparso da un museo di Berlino e avvistato l’ultima volta nel maggio del ’45; e la famosa maschera di fauno di Michelangelo, rubata dai tedeschi tra il 22 e il 23 agosto del ’44 dal castello di Poppi; e un ritratto di giovane uomo di Raffaello, che Hitler volle per sè, mandando a confiscarlo dal museo di Cracovia, all’indomani dell’invasione polacca (1939) e una tempera di Botticelli, ancora un ritratto maschile, trafugata dal museo Filangieri di Napoli alla fine di settembre del ’43.

    continua qui
     
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    Questo dipinto ufficialmente scomparso che nel film vediamo bruciare:

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    Due anni fa dicevano che fosse in un caveau da qualche parte, s'è saputo più niente?

    CITAZIONE
    Varsavia (Polonia). Un capolavoro attribuito a Raffaello, scomparso dalla Polonia da quasi settant'anni e che in molti temevano fosse andato distrutto, è stato riscoperto nel caveau di una banca di una località sulla quale le autorità polacche mantengono tuttavia il riserbo.
    «Ritratto di giovane uomo», del 1513-1514 ca, dalla collezione della famiglia Czartoryski di Cracovia, venne confiscato dai nazisti nel 1939 per il Führermuseum, il supermuseo che Hiltler progettava di costituire a Linz, in Austria. Dell'opera si persero le tracce nel 1945, poco prima della fine della Seconda guerra mondiale.

    Un portavoce dell’Ufficio per la Restituzione dei Beni Culturali del Ministero polacco degli Affari Esteri ha riferito ieri ai media polacchi di essere fiducioso che il dipinto sarà restituito alla Polonia. «La cosa più importante, ha dichiarato, è che l’opera non è andata perduta nel marasma della guerra. Non è stata bruciata né distrutta. Esiste. Attende in sicurezza in una regione del mondo dove le leggi ci sono favorevoli», ha detto, rifiutandosi però di rivelare in quale Paese.

    «Ritratto di giovane uomo» è l'opera più importante della Polonia dispersa dai tempi della guerra. Il principe Adam Jerzy Czartoryski aveva acquistato il ritratto nel 1798 assieme alla «Dama con l’ermellino» di Leonardo (1489-90 ca), tuttora conservata a Cracovia. I tentativi da parte della famiglia Czartoryski di ritrovare il dipinto dopo il 1945 furono ostacolati dal fatto che la Polonia si trovava oltre la Cortina di Ferro. Nel 1991 la famiglia è tornata alla carica per ritrovare il dipinto, il cui soggetto, secondo alcuni studiosi, sarebbe lo stesso Raffaello.

    In un comunicato pubblicato successivamente sul proprio sito web il Ministero degli Affari Esteri si è però mostrato più cauto, smorzando gli entusiasmi: «Non sappiamo dove si trovi esattamente l'opera.,. Ciononostante, il Ministero continua a monitorare tutte le segnalazioni in arrivo riguardo all'ubicazione del ritratto».

    Wojciech Kowalski, il ministro degli Esteri polacco, plenipotenziario per la restituzione dei beni culturali ed esperto in materia, ha dichiarato oggi alla nostra testata in lingua inglese «The Art Newspaper»: «Da tempo sappiamo, da fonte attendibile, che il dipinto si trova nel caveau di una banca di una certa nazione. Non conosciamo però il luogo esatto».

    di Julia Michalska, edizione online, 2 agosto 2012

    www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2012/8/114028.html
     
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    Ci sono dei Monuments Men italiani che hanno riportato risultati straordinari che facevano capo allo storico dell'arte Pasquale Rotondi. A loro sono stati dedicati doc e docufilm.

    Qui c'è La Storia Siamo Noi:


    altri segmenti


    Ecco un articolo:

    copertina

    CITAZIONE
    Tuttavia il gruppo di esperti angloamericani che operò storicamente in questa direzione si mosse solo a partire dall’estate del ’43. Senza nulla togliere al loro encomiabile operato, bisogna però ricordare chi per primo portò avanti la stessa missione. All’indomani dell’invasione della Polonia nel ’39, lo spettro della guerra divenne tangibile e il Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai ebbe l’idea di mettere in salvo le opere d’arte nella città di Urbino, che sarebbe stata dichiarata “città aperta” per l’occasione.

    L’operazione segreta venne affidata a Pasquale Rotondi, nominato Soprintendente alle Gallerie e alle Opere d’Arte delle Marche, che subito scarta l’ipotesi di Urbino poiché sede di un deposito bellico dell’aeronautica militare e quindi possibile obiettivo militare. Rotondi individuò nella Rocca di Sassocorvaro, nelle sue quattrocentesche linee circolari e robuste, il luogo perfetto.I mezzi promessi dal ministro tardavano ad arrivare, ma Rotondi e il suo autista Augusto Petrelli, a bordo dell’infaticabile Balilla, iniziarono il trasferimento delle opere locali aiutati solo da alcuni collaboratori della galleria di Urbino. E’ il 6 giugno 1940. Quattro giorni dopo sarà guerra anche per l’Italia.
    L’operazione si andava intensificando e i viaggi di questa “armata Brancaleone” -definita così dallo stesso Rotondi- allargava il proprio raggio d’azione. In questo modo venivano messi al sicuro i primi Tiziano e Piero della Francesca.
    Il comune di Urbino mise a disposizione per questo motivo il primo camioncino! Certamente molto più agevole per i trasporti.
    Il contenuto degli imballaggi era tenuto segreto ai più -solo Augusto e la signora Rotondi erano a conoscenza della completa operazione-. Così quando i curatori dei principali musei prendevano contatti, perché desiderosi di trasferire le opere più importanti, si riferivano alla Rocca chiamandola semplicemente “il Ricovero“.
    A Venezia, delle casse non etichettate contenenti dei Rubens e dei Perugino venivano issate su gondole e chiatte -non senza un certo rischio di cadere in laguna- e trasportate sulla terraferma. Da lì dei camion le portavano al sicuro a Sassocorvaro.

    La sconfitta tedesca in Russia pose un ragionevole dubbio alla vittoria nazifascista. Questa ulteriore svolta incrementò la domanda di messa in sicurezza delle opere. Da tutta Italia, questa volta.
    Un secondo Ricovero -essendo la Rocca piena- venne individuato nel Palazzo dei Principi di Carpegna. Dall’aprile al giugno ’43 giunsero, tra gli altri, dei Caravaggio, Raffaello, Bramante, Masaccio, Mantegna, Tintoretto.
    In quel momento storico, chiunque detenesse l’onere di custodire opere di pregio desiderava un angoletto nei Ricoveri in cui stipare quei tesori. Dopo le tele e le sculture ecco approdare quantità spropositate di materiale bibliografico e archivistico.
    Rotondi proseguì anche la mansione di visionare le opere, assicurandosi che la temporanea sistemazione fosse soddisfacente per la loro conservazione.
    Il 10 luglio ’43 gli alleati sbarcano in Sicilia e i tedeschi iniziano una progressiva ritirata.
    In seguito all’Armistizio dell’ 8 settembre, l’Italia passò dall’essere alleata dei tedeschi all’essere alleata degli Americani.
    E’ questa la fase di più profondo smarrimento per l’operazione. La fuga da Roma dei vertici militari, del Capo del Governo Pietro Badoglio, del Re Vittorio Emanuele III e di suo figlio Umberto verso Brindisi lascia i nostri eroi con la responsabilità dei tesori conservati, ma senza punti di riferimento.
    I tedeschi hanno nel frattempo liberato Mussolini e stanno cercando di incamerare il maggior numero di opere possibile, da inviare in Germania, per ingrandire le collezioni private di Hitler e Göring e, non ultimo, il Führer Museum.
    E’ in questa fase che Rotondi decide di togliere le etichette a tutte le casse custodite nei Ricoveri.
    Scelta che si rivelerà provvidenziale nel momento in cui i tedeschi, alla ricerca di armi, sequestreranno palazzo Carpegna
    . L’ufficiale tedesco, infatti, aprì la cassa contenente gli spartiti di Rossini e ritenne si trattasse di “cartacce”.
    Inoltre, una volta ottenuto il permesso di recuperare le opere appartenenti alla Chiesa, Rotondi sfruttò l’assenza di denominazioni sulle casse per portare in salvo anche le opere “laiche”.

    Tornato a Sassocorvaro, Rotondi e Petrelli caricarono nella piccola Balilla i capolavori più facilmente trasportabili, con l’iniziale intento di trasferirli ad Urbino. Tuttavia le SS erano già penetrate in città, così Rotondi portò le opere direttamente in casa sua, nascoste sotto il letto. Tanto che la moglie Zea si finse malata per poter proteggere, tra le altre opere, la Tempesta di Giorgione.
    - See more at: http://it.opinionspost.com/sapevate-dei-mo...h.VbW1Ngkc.dpuf

    continua
     
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    Prossimamente potremo visitare una grande mostra sui “monuments men” italiani: ci sarà infatti una rassegna tutta dedicata al salvataggio delle opere d’arte durante la seconda guerra mondiale. L’ha annunciata il ministro dei beni culturali, Dario Franceschini, nel corso della presentazione del libro per le celebrazioni dei cinquant’anni del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri, e si tratterà di una mostra realizzata sotto l’egida del ministero.

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    MAMMA MIA RAGA, non vedo l'oraaaaa ** Quando ho letto la notizia qualche ora fa non riuscivo a stare più ferma!
     
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    Ti ho pensata subito in effetti. XD
     
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    Da quando questa estate ho recuperato i libri questi ragazzi sono diventati una fissa <333

    Era ora di dedicargli un evento o una mostra comunque. Bisogna far sapere chi erano e cosa hanno fatto!
     
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