Fanfriction RP, TB e Borgia per il fest

Era lì che s’incontravano la notte e anche quella volta era andata allo stesso modo, una leggera chiacchierata poi con furia si toglievano le camicie che volano per terra sporcandosi e loro due sempre più vicini.
Erano baci voraci, che non lasciavano spazio ad altro, solo loro, le loro bocche e le mani che toccavano il più possibile il corpo dell’altro, assaporandone la pelle.
Poi veloce Augustino si distendeva sulla lapide e lo voleva su di sé, apparentemente dominato ma in realtà dominatore come piace a lui.
C’è un qualcosa di blasfemo in tutto quello ma non ci pensa più quando si cala sull’erezione dell’altro che geme scompostamente il suo nome.
È sempre così in quelle situazioni: movimenti bruschi, veloci e quasi brutali ma che a lui stanno bene, le mani di Augustino sporche di terra che si aggrappano alle sue cosce aprendole di più e sporcandolo, i gemiti di Augustino e i suoi ansiti di piacere, il tutto sempre più veloce perché non hanno tempo, nemmeno quella volta. Non ne hanno mai avuto pensa distrattamente mentre per un secondo vede le stelle e con più forza s’impala sull’altro che si porta una mano alla bocca per non gemere.
E poi, pochi altri movimenti scomposti e sente il piacere dell’altro dentro di sé, ancora poche spinte e si sente pervadere dalla solita sensazioni.
Poi ci sarà un tempo dove si abbracceranno sdraiati su quella terra consacrata e basterà quello, la presenza dell’altro e la consapevolezza di stare insieme a placarlo ma in quel momento l’unica cosa di cui Micheletto si preoccupa è come riuscire a prolungare il piacere che sta provando.

L’aveva aiutato con sua madre e con quel tale, Augustino, e ora Micheletto gli doveva un favore, dopo avrebbe incontrato Caterina Sforza, dopo.
Non erano altro che padrone e servo, e se lui voleva una cosa l’altro doveva dargliela, fosse il suo braccio, la sua mente o il suo corpo, e lui voleva il corpo dell’altro. Non era Ursula, non era Vittoria, o Lucrezia ma gli andava bene, visto il modo in cui l’altro aveva aperto le gambe. Non gli era sembrato uno di quelli ma erano dettagli pensò Cesare mentre si spingeva con forza nel corpo dell’altro che gemette, forse a causa della scarsa preparazione.
Si mosse con rabbia e quasi con furia, sempre di più, sempre meglio finché non sentì dei gemiti di piacere, quello che stava facendo piaceva all’altro, e questo era ottimo pensò mentre con le mani accarezzava la schiena di Micheletto che si teneva a malapena sulle braccia. Un corpo muscoloso, forte, virile, così diverso dalle donne a cui era abituato ma che lo aveva attratto fin dal principio, un’attrazione che non sapeva spiegarsi di disse mentre raggiungeva con la mano il sesso dell’altro e iniziava a stimolarlo, scatenando altri gemiti. Così gli andava bene si disse mentre le sue spinte diventavano sempre più veloci, così era a dir poco perfetto. Poi avrebbe incontrato Caterina Sforza, dopo, ora contavano solo Micheletto sotto di lui e il piacere che stava per coglierlo, solo quello, forse dovevano ripetere la farsa del dottore più spesso.

la qualc cosa va sotto il nome di Finn in Vatican ed è una spacie di crossover con Glee

I suoi matrimoni non erano mai stati perfetti, anche se Alfonso d’Este si era guadagnato la sua simpatia, ma non il suo amore, quello era per un altro.
Era per il suo amato poeta messer Pietro, e lei era la sua Barbara, doveva ricordarsi di ringraziare Ercole Strozzi per aver pensato a tutti si disse Lucrezia mentre contemplava il paesaggio alla finestra.
Era stato tutto come aveva programmato e poteva esser certa della fedeltà delle sue dame, non l’avrebbero tradita si disse mentre lo sentiva rivestirsi.
Avrebbe voluto parlare, solo parlare, ma il tempo a loro disposizione era poco, troppo poco perché non godessero l’uno dell’altro.
Lui l’aveva dolcemente baciata per poi toccarla con gesti esperti e le aveva slacciato con calma il corsetto, rivelando la sua figura di donna di neppure trent’anni ma così diversa dalla ragazzina che era stata al tempo del suo primo matrimonio.
Erano già finiti sul letto e non c’era tempo per parlare, solo baci voraci, morsi, le mani che correvano tra i loro corpi, la camicia e le brache di lui che finivano sul pavimento e la bocca di messer Pietro sulle sue spalle e poi sul seno.
Si ricordò di come aveva trattenuto i gemiti mordendosi il labbro mentre l’altro le procurava piacere, non poteva correre il rischio che orecchie indiscrete li ascoltassero per poi riferire a suo marito.
Era sempre così, sempre in silenzio, sempre veloce, amplessi veloci con messer Piero che la toccava, la baciava e la possedeva con una dolcezza che aveva sperimentato solo con Alfonso di Bisceglie.
“ Forse dovremmo parlare “ le disse messer Pietro mentre si rivestiva, lei sentiva ancora il tocco delle sue mani sul corpo, sui seni e sul ventre. “ No messer Bembo, basta chiacchiere “ rispose lei baciandolo e sperando che la sua assenza non fosse notata troppo, voleva passare il resto del pomeriggio con lui, a baciarlo, amarlo, farsi possedere, e niente chiacchere.

Era corsa subito da lui per mostrargli quello che Giulia Farnese le aveva insegnato quel giorno.
Come baciare, la Farnese le aveva insegnato come baciare, credendo che le sarebbe servito con suo marito ma la verità era un’altra. Lucrezia non voleva baciare Giovanni Sforza che non aveva ancora visto, no, voleva bacare un altro. Cesare, voleva baciare suo fratello nello stesso modo in cui Giulia Farnese l’aveva baciata.
Non sapeva perché ma voleva che lui fosse il primo a notare i suoi progressi e a rallegrarsene, non quell’idiota tronfio di Juan o quel bambino di Joffré, ma Cesare.
Poi avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per baciare Giovanni Sforza ma adesso voleva baciare Cesare.
Fu facile trovarlo, per lei era semplice facile sapere dove si trovasse, era come se fossero legati da un filo invisibile che ogni volta permetteva a uno dei due di sapere dove fosse l’altro.
Devo mostrarti una cosa aveva esordito con un sorriso gioioso, era così orgogliosa di quello che aveva appreso poco prima ed era sicura che anche Cesare sarebbe stato orgoglioso di lei e lui si era prestato a quel gioco con un sorriso, lei sapeva che aveva problemi più importanti ma non voleva pensarci, non in quel momento.
“ Un bacio sulla guancia, come promessa “ disse cercando di replicare il gesto di Giulia Farnese, di avere la sua stessa grazia ed eleganza prima di baciare, cercando di non ridacchiare per come la sua barba le punzecchiava il volto.
“E ora un bacio di piacere, con cui s’inizia la promessa “ annunciò cercando la bocca di suo fratello per un bacio come quello che le aveva dato la Farnese. La bocca di Giulia era gentile e dolce, quella di Cesare era diversa, non sapeva in che maniera perché era appena una bambina, ma quando si staccò pensò distrattamente che l’avrebbe baciato altre dieci, cento, mille volte.
Ma non poteva, perché erano fratelli e perché lei avrebbe sposato Giovanni Sforza, anche se non le sarebbe dispiaciuto ripetere l’esperimento dei baci.
Quando aprì gli occhi vide suo fratello che la fissava, non arrabbiato come aveva temuto per un istante, ma vi erano tristezza e affetto, ed erano per lei, solo per lei