(FANFICTION) Simile ad un'illusione

di __Verona__

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  1. xcusemymonkey
     
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    Questa FF è stata scritta dalla nostra carissima __Verona__ ed è su Cesare & Lucrezia.
    L'ho tradotta io (con l'aiuto anche di Lau per molte alcune perplessità dal punto di vista della resa dall'inglese di Google Traduttore all'italiano.
    E' la prima volta in cui sono più sicura della traduzione che non della resa, ad essere sincera, quindi siate clementi! Sono partita intendendo tradurre quasi letteralmente ma alla fine sono stata costretta ad inserire formule più libere che però non intaccano la trama, ci sono delle piccole omissioni li dove non sono riuscita proprio a cogliere il significato ma l'ho fatto solo perché erano frasi che non andavano a penalizzare la resa finale e i messaggio.
    E' davvero una bella FF e faccio i complimenti all'autrice perché a mio parere oltre a scrivere benissimo ha anche saputo rendere alla perfezione la non sempre facile psicologia dei pg.

    Qui è possibile trovare l'originale.

    Cesare volò letteralmente giù lungo il corridoio. Non vedeva sua madre - che amava infinitamente - da mesi. Entrando in una piccola stanza confortevole, raggiante di felicità, disse:
    - Madre.
    - Cesare, il Signore ha ascoltato le mie preghiere!
    C. abbracciò sua madre con tutta la tenerezza di cui era capace. Vannozza quasi lo trattenne a sé per un momento, pronta a piangere. Guardando suo figlio, era facile capire come non fosse più un ragazzino: i capelli erano cresciuti , così come la barba e sembrava addirittura esser diventato più alto.
    Il suo aspetto sembrava dire che Cesare non era più il suo Cesare.
    Per un momento si fermò a ricordare, ma fu riportata con i piedi a terra.
    - Mi è sfuggito di mente! Lucrezia è qui! E' andata sul balcone ma dovrebbe essere qui a momenti. Non hai ancora visto tua sorella!
    - Certo, madre.
    Cesare non amava dire bugie a sua madre, ma non poteva dirle la verità. L'ultima volta che aveva visto Lucrezia risaliva a nove o dieci mesi fa. Aveva perso il conto. L'ultima volta che si erano separati, non lo avevano fatto propriamente nel migliore dei modi. Ricordava ancora lo sgomento, quando aveva appreso ch'ella aveva ucciso Giovanni. Sgomento ed ammirazione. In quell'istante nella sua mente si riversarono tutti i pensieri che lo avevano tormentato nell'ultima settimana.
    No, (negli ultimi) mesi!
    Naturalmente sapeva che si stava comportando in maniera sbagliata, immorale. Lo sapeva e temeva di non essere corrisposto. Le aveva creduto, come chiunque altro, e lei lo aveva tradito come nessuno mai. Un amante, un uomo del popolo. Che bassezza. Cesare ricordava solo una terribile rabbia quando era corso giù nella sala, brandendo la sua spada, pronto ad
    uccidere chiunque si trovasse lungo la sua strada. Ma il codardo, Perotto, si era gettato (lett. era caduto) ai piedi del Papa, implorando pietà. E l'aveva ottenuta. Ucciso con la lancia di Longino... Avrebbe potuto essere più ironico? Ma anche dopo quello, suo padre non lo aveva privato degli abiti cardinalizi e lo aveva mandato a Valencia.
    Ed ora, avrebbe visto colei per cui aveva macchiato di sangue le candide vesti del Papa.
    Lucrezia entrò nella stanza con sonori passi, rimase spiazzata nel vedere Cesare.
    - Sorella.
    - Salve, fratello - disse solamente, in maniera veloce, sedendosi al tavolo da lavoro.
    - Dopo tutti questi mesi, non lo abbracci? - Vannozza non poté evitare di notare la tensione tra i suoi figli.
    - Non siamo bambini - tagliò corto Cesare.
    Dopo aver trascorso con sua madre giusto un paio di minuti, addusse come scusa degli affari urgenti e scappò via, dimenticando persino di salutare sua sorella.

    ***


    Lucrezia era seduta accando alla finestra. Sì, in nove mesi era cambiata fisicamente, ma anche caratterialmente. Non era più la fanciulla che si innamorava al primo sguardo, che credeva a chiunque le mostrasse un minimo di attenzioni. A tutto questo aveva certamente contribuito la nascita del bambino. Dopo esser diventata madre, si vedono le cose in maniera molto diversa. Comunque sia era rimasta sempre giovane e bella.
    - Dio, in quello che è stato un giorno così brutto, tu concedi una notte così bella.
    Con queste parole, Lucrezia tentava di scacciare via i pensieri negativi. Guardando le costellazioni, vedeva la lancia insanguinata e la luna raggiante, l'immagine di Cesare.
    Come avrebbe potuto perdonarlo per aver ucciso il padre di suo figlio? Chiudendo gli occhi, riusciva ancora a vedere distintamente il corpo senza vita di Perotto accanto al trono papale.
    - Odio i tuoi occhi, odio le tue mani, le tue labbra - sussurrò, come se stesse delirando - Cosa mi accade? Sei come un serpente...
    Ovviamente Lucrezia non lo era, e non era diventata un angelo, ma dopo gli eventi si era ripromessa di vivere una vita quanto più retta possibile.
    Con questi pensieri, provò a dormire.

    ***


    Era passata una settimana dall'arrivo di Cesare, ma solo ora il Papa era in grado di dare una festa in onore dell'evento. Vi erano invitati molti membri dell'aristocrazia, naturalmente, coloro che supportavano il Papa o che , almeno, potevano essere suoi alleati.
    Rodrigo e Cesare sedevano a capotavola. Il vino scorreva a fiumi, agli invitati erano proposti i migliori piatti, ovunque regnava il divertimento.
    Cesare, tuttavia, non sapeva se sua sorella sarebbe stata presente alla festa. Tutti i suoi dubbi furono fugati. Lucrezia entrò nella stanza, tutti gli occhi erano puntati su di lei - bella, maestosa, vestita lussuosamente. Dopo essersi inchinata dinanzi al Papa, andò a sedere con le sue nuove amiche, Angela e Geronima Borgia. Per tutto il pomeriggio non scambiò una singola parola con suo fratello.
    La festa terminò.
    Lucrezia camminava lungo un corridoio buio, stava facendo ritorno alla propria stanza, quando udì un rumore di passi dietro di lei.
    - Signore! (Inteso come Dio)
    - No, no. Sono solo io - disse Cesare, prendendola in giro.
    - Non adultarti, mi hai fatta spaventare.
    - Mi dispiace - il sarcasmo non passò inosservato.
    - Cosa vuoi?
    - Non posso parlare con mia sorella? Prima hai ballato per tutto il tempo.
    ...
    - La festa non è ancora finita che vai via. Oltretutto senza salutare nemmeno.
    - Sono cambiate tante cose tra me e te.
    Lucrezia si voltò, convinta che non vi fosse ragione di continuare quella conversazione. Aveva già fatto il primo passo che Cesare l'afferrò per il braccio attirandola a sé.
    - Lasciami andare o urlo!
    - Non credo ti sentirebbe qualcuno.
    - Cosa vuoi? - Cesare respirò l'odore dei suoi capelli, simile al profumo dei fiori.
    - Non toccarmi.
    - Mmh.. Se solo non opponessi resistenza.
    - Toglimi le mani di dosso - spingendo suo fratello, Lucrezia con passo veloce entrò in camera sua.
    - Sì, sei cambiata - pensò Cesare guardandola andare via.

    ***


    Cesare si risvegliò in un bagno di sudore freddo. Aveva sognato di nuovo Juan, cosa stava accadendo?
    Cesare si alzò e si vestì, andando sul balcone.
    Erano circa le quattro del mattino, ma nelle camere di Lucrezia le candele erano ancora accese, strano...
    Rimproverò se stesso per il comportamento assunto nei confronti di sua sorella, forse le aveva ricordato Juan ma con Lucrezia non poteva controllarsi. Odio, rabbia, passione, amore - tutti questi (sentimenti) balenavano in lui e lui poteva solo stare lì a guardare. Sì, e quei sogni...
    - Perché non dorme? Ha forse altri amanti? Devo togliermi dalla testa questi pensieri!
    Cesare non si era mai pentito per un solo momento di cosa era accaduto quel giorno. Si pentiva di aver mostrato i suoi sentimenti a Lucrezia, non di aver ucciso il suo amante dinanzi a tutto il concistoro.
    Non gli importava di cosa pensasse o dicesse la gente, non avrebbe voluto nemmeno essere un cardinale.
    Ma non poteva nascondere ancora i suoi sentimenti, lo stavano divorando dall'interno.
    Quello era stato il secondo tentativo. Il giorno prima , molto ubriaco, era andato da Lucrezia, ma lei era addormentata, sotto l'effetto degli oppiacei. Ora sapeva cosa la teneva sveglia: l'omicidio di Juan.
    La brezza soffiò un rumore di passi in giardino. Cesare ritornò in camera sua.

    Il mattino dopo si recò al collegio dei cardinali. Cesare si sedette tra Alessandro e Della Rovere. Tra l'amico ed il nemico. Furono discussi gli stessi temi - la relazione tra Spagna e Francia, la potenza dell'Impero Ottomano, l'edificio accanto a quello del nipote del cardinale.
    Dopo l'incontro, il papa era impegnato per via dell'arrivo dell'ambasciatore napoletano con il quale avrebbe discusso la nuova alleanza politica e , addirittura, un possibile matrimonio per Lucrezia. Cesare sapeva quale fosse il pensiero di suo padre. E, a dispetto dei suoi sentimenti, lo sostenne apertamente nella questione. Dopo tutto aveva piani ambiziosi - rafforzare il suo potere, il suo peso agli occhi del re di Francia. Non avrebbe indossato gli abiti cardinalizi sino alla fine dei suoi giorni, soprattutto ora, dopo la morte di Giovanni.
    E naturalmente nessuno chiese il consenso di Lucrezia per il matrimonio. In quel momento , era a passeggio come al solito in giardino con Angela, ch'era diventata la sua costante compagna e migliore amica. Con lei condivideva tutte le sue preoccupazioni, esperienze, angosce spirituali.
    Quasi tutte...

    ***


    Giulia era sempre stata una persona attiva, del tipo che non sarebbe sopravvissuta a lungo senza un qualsiasi evento sociale. Ma questa volta aveva deciso di fare una scampagnata con pochi intimi. I giardini dei Farnese in quel periodo erano semplicemente magnifici. Oltretutto aveva saputo da Rodrigo che Cesare sarebbe presto partito per Firenze per combattere Savonarola, che non lasciava dormire sonni tranquilli a tutta la famiglia Borgia ed, in particolar modo, a Rodrigo.
    Le tende furono poste e lì si accomodò la piccola compagnia. Assenti solo Rodrigo , colto alla sprovvista dall'improvvisa visita di un cardinale, e Cesare , che aveva promesso che ci sarebbe stato.
    Silvia ed Alessandro camminavano lungo il vialetto quando videro Cesare venire nella loro direzione.
    - Cesare!
    - Alessandro! Mi avete visto.
    - Sei pallido come un lenzuolo. Stai bene?
    - No, ma ne parleremo oggi pomeriggio.
    - D'accordo.
    - Puoi dire a tutti che sono venuto?
    - E non lo stai facendo?
    - Non voglio che mi vedano così. Ho bisogno di fare una passeggiata per schiarirmi le idee. Ho bisogno di pensare.
    Detto ciò, si diresse verso i fitti alberi ancora risparmiati dal freddo.
    Di ritorno, Silvia ed Alessandro annunciarono l'arrivo di Cesare.
    - Non è in sé!
    - Silvia, cosa stai dicendo?
    - Alessandro,ho due occhi anche io! E' pallido e malaticcio.
    - Forse so qual è la ragione - intervenne Giulia.
    - Davvero?
    - Ha nuovamente inveito contro Rodrigo stamani. Ha chiesto ancora di svestire gli abiti cardinalizi. Questa volta è stata peggiore dell'ultima, Cesare non voleva prestare ascolto, non so quando finirà.
    Lucrezia aveva già sentito e visto. Era sicura che suo padre non avrebbe ceduto alle pressioni di Cesare, non sarebbe stato possibile, ma suo fratello era diventato pallido per certe quisquilie? Mai.
    - E' impossibile respirare qui, farò una passeggiata.
    Lucrezia non poteva rimanere ferma un minuto di più. Doveva sapere assolutamente cosa fosse accaduto a Cesare.
    Addentrandosi nella parte più fitta del giardino , vide suo fratello. Tutto vestito di nero, ad un primo sguardo non pareva stare molto bene. Stette ferma sul posto per più di un minuto, non osando nemmeno entrarvi. Sfortunatamente un ramo scricchiolò. Cesare si guardò attorno attentamente.
    - Lucrezia?
    - Sì.
    - Cos'è che vuoi?
    - Sapere come stai. Mi hanno riferito che avevi un pessimo aspetto.
    - Sto bene.
    Ci fu un silenzio doloroso.
    - Giulia ha detto che hai discusso con nostro padre.
    - Lucrezia, non immischiarti in cose che non ti interessano. Risolverò la questione. Torna indietro.
    - Perché mi urli contro? Pensi che mi piaccia il fatto che sia facile per te tornare dopo tutto? Sì, capisco, o che tu non senta ciò che non vuoi sentire. E non perché dovrei disprezzarlo o provare ribrezzo . No. <= (Scusate, ma in questo punto ho davvero sclerato)
    - Stai per essere data in moglie ad Alfonso d'Aragona.
    - Ti infastidisce? Nostro padre vuole solo che mi sposi il prima possibile.
    - L'ho visto oggi. E' intelligente, bello ed affascinante.
    - Bene, almeno non ci perderò questa volta. Non ti capisco. Poi agisci come l'ultima volta... Come quello che non vuole farmi sposare forse l'unico uomo decente che io abbia mai incontrato sulla mia strada. Vuoi che io viva col tormento del nostro... Cosa vuoi?
    Lucrezia non comprendeva come avesse potuto arrivare a quel punto.
    - Lucrezia.
    - No! Dimmelo, chi sono per te? Una pedina del tuo prossimo piano o..
    Cesare le si avvicinò bruscamente-
    - Sei come un'allucinazione, una malattia incurabile, un miraggio. Penso a te in un momento di trionfo, di illimitata felicità, costante solitudine.
    Lucrezia aveva paura di muoversi, di porre fine a quel momento. Aveva un aspetto devastato e sensuale allo stesso tempo. Tutta la freddezza ed il distacco di Cesare scivolarono via in un istante. Vide nuovamente dinanzi a lei lo stesso giovane uomo che da bambino la metteva a letto, sosteneva sempre, colui che per lei era un esempio di coraggio e spericolatezza. A quel punto comprese come fosse ugualmente colpevole per la morte di Perotto, avendo scatenato la bestialità di Cesare.
    Suo fratello appariva così imponente nel suo completo nero, con la luce che filtrava tra gli alberi.
    - Sai che non possiamo tornare indietro a quello che ormai non c'è più. Tu sei mio fratello.
    - E' l'ultima cosa che vorrei essere.
    - Non lo so. Non voglio infrangere nessun'altra regola.
    Cesare si avvicinò di più.
    Lucrezia sapeva che riusciva sempre ad ottenere qualsiasi cosa desiderasse, senza considerare necessario chiedere il permesso a Dio ma lei aveva fatto una promessa.
    Cesare si avvicinò talmente tanto da permetterle di sentire il suo respiro, ogni parte del suo corpo.
    - Ti voglio.... Ti amo - sussurrò baciando il suo collo e le sue spalle.
    - No... No... Non posso, non posso. No, Cesare.
    Lo spinse via.
    Cesare infuriato calciò il terreno e senza nemmeno degnarla di uno sguardo ritornò da dov'era venuto.
    Rassicurata e ripresasi, Lucrezia fece ritorno alla tenda.
    - Dov'è Cesare?
    - Non lo so, non l'ho nemmeno visto.

    ***


    Vannozza non avrebbe permesso a suo figlio di partire per Firenze senza prima organizzare una cena in famiglia, così aveva deciso di darne una il giorno antecedente alla partenza del figlio.
    Tutto procedeva alla perfezione, Goffredo aveva ballato con Angela per tutta la sera, motivo per il quale alla fine della serata il ragazzo era completamente sfinito. Lucrezia e Heronima presero un libro dalla libreria e lessero a Vannozza ed a tutti i presenti alcuni passi di un'opera. La padrona di casa non si sarebbe mai beata abbastanza di quella scenetta famigliare idilliaca o che lo sembrava e basta.
    In verità la situazione era leggermente differente. Lucrezia non aveva distolto lo sguardo da Cesare per un solo istante. Aveva atteso per tutta la serata un suo gesto o uno sguardo ma lui non le aveva prestato alcuna attenzione.
    La fanciulla aveva pensato a quella cena per tutta la settimana, non avrebbe potuto lasciarlo andare via per due mesi senza averlo rivisto dopo la scampagnata ad Orvieto. Ricordava le parole di Cesare prima di andare a letto e non appena era sveglia.
    Veniva, andava via. E se non fosse più tornato? No , Lucrezia non voleva nemmeno pensarci. Era di nuovo la fanciulla di prima, quella che non era a conoscenza né dei suoi sentimenti né dei suoi desideri. Era stato così con Don Gasparo, con Alfonso d'Este e poi con Perotto. Aveva creduto di essere innamorata, lo era di tutti. Di Don Gaasparo dopo la sua malattia non ricordava nulla,. Di Alfonso non voleva ricordare nulla, non dopo l'essersi ammalato di sifilide pur avendole giurato eterno amore. Il suo amore per Perotto era scivolato via più velocemente di quanto non avesse fatto lui dinanzi alla vista del Papa. Ma Cesare... con lui era tutto diverso. Sapeva che durante quei nove mesi aveva avuto molte donne, sapeva quanto fosse sanguigno, violento, orgoglioso, autoritario, ma lo amava. Quella settimana aveva rimesso tutto al proprio posto, Lucrezia aveva finalmente compreso come non potesse vivere senza i suoi occhi, le sue mani, le sue labbra.
    Alla sola idea dei loro incontri si sentiva bruciare. E quelle stupide frasi che aveva letto solo per lui, cercando di avere un minimo di attenzione, tutto per non ottenere nulla.
    Come odiava in quel momento Heronima. "Leggi, leggi!" - le ripeteva. Come se il Diavolo avesse deciso di prendersi gioco di lei.
    - ...
    - Recita!
    Nella sala cadde il silenzio.
    - Recita! Leggi...
    - Forse l'amore, il significato dell'esistenza del genere umano, può essere un peccato?
    A quel punto Cesare le lanciò l'unico sguardo della serata. Significò tutto per Lucrezia, lo avrebbe ricordato per tutta la vita.
    - Alessandro! - urlò Vannozza quando Alessandro Farnese entrò nella stanza. Lucrezia nemmeno lo salutò giacché non aveva visto né sentito nulla attorno a sé.
    - Perdonatemi , sono qui per sottrarvi vostro figlio! Mi aveva promesso che oggi non mi sarei ubriacato da solo!
    - Oh, Alessandro, rimanete!
    - Madre, perdonatemi ma ho necessità di discutere col Cardinale Farnese una questione di estrema importanza.
    - Bene, bene, bene.
    Vannozza salutò suo figlio, strappandogli la promessa di scriverle al primo momento libero.
    Alessandro e Cesare andarono via, Lucrezia sedeva perfettamente immobile, cosciente di aver perso la sua ultima opportunità.

    ***


    - Alessandro, per l'amor del cielo, non dormire sino a tardi domani!
    - Certamente.
    - Certo, quanto hai bevuto?
    - Non preoccuparti, ci aspettano grandi cose domani...
    - Sai, Alessandro. Ho sempre voluto credere di non vivere inutilmente, che ogni mio respiro valesse qualcosa.
    - Amen.
    Risero.
    Cesare ed Alessandro si conoscevano sin dai primi tempi a Pisa. Si erano trovati in ogni tipo di situazione, di stato, ma erano sempre rimasti migliori amici ed alleati a discapito di ogni cosa.
    Cesare rimbrottò Alessandro ancora un volta e poi si diresse verso la propria stanza. Tutto era tranquillo, deserto, l'intera casa dormiva profondamente.
    Entrando nella stanza, Cesare iniziò a svestirsti, era quasi sul punto di sfilarsi la camicia quando sentì qualcuno entrare in camera. Prese la spada.
    - Lucrezia! Cosa diamine fai qui?
    - Prima dovresti metter via la spada...
    Cesare la rimise al suo posto senza toglierle lo sguardo di dosso.
    - Non ci siamo detti addio.
    - Sei venuta per questo nel bel mezzo della notte?
    - No. Cesare... Non posso andare avanti a questo modo.
    - Come?
    - Sai perfettamente cosa intendo...
    - No, non ti capisco! Prima mi respingi, poi vieni a notte fonda. Lucrezia, sei tu a non sapere cosa vuoi!
    - Vorrei riuscire a non pensare a te in ogni singolo istante, ma non posso.
    Cesare non si mosse, continuando a fissarla. Era sicuro che si sarebbe pentita quasi immediatamente di quelle parole, ma Lucrezia non pareva decisa a fare un passo indietro. Si avvicinò.
    - Non posso permetterti di andare via così. Voglio che tu non vada via, mai.
    - Lucrezia ti pentirai di quello che abbiamo fatto, ma non potremo ritornare indietro.
    - Ti amo! Lo so che le nostre ragioni o nostro padre non approvano tutto questo ma non mi importa! Tu sei mio! Ed amo solo te... Ti desidero.
    Lucrezia baciò Cesare con tutta la passione e l'amore accumulati nelle ore, nei minuti passati ad aspettarlo, sino a quel momento.
    Erano da soli, solo loro due in tutto il mondo.
    Cesare strinse il corpo di Lucrezia a sé con una forza tale quasi come se avesse terrore di vederla andare via. Lucrezia baciò le sue labbra, il suo collo, sciogliendo i lacci della sua camicia trasparente alla luce delle candele.
    Lei indossava lo stesso abito che aveva alla cena di loro madre che ora non le permetteva nemmeno di respirare.
    Cesare fissò il proprio sguardo in quello della sorella, attirandola nuovamente a sé ed iniziando a slacciare il suo corsetto. Per quanto tempo aveva atteso questo momento! Non ce la faceva più a contenersi, ruppe i lacci del corsetto sfilandole prima una manica e poi l'altra in pochi secondi... Lucrezia era completamente nuda.
    Sfilò la propria camicia e Lucrezia iniziò ad accarezzare il suo petto, come se non desiderasse fare altro da tempo.
    Lui la prese per i fianchi, spingendola contro il muro; era come una goccia d'acqua nel deserto, doveva baciare ogni parte del suo corpo.
    Lucrezia cedette perdendo il senno ad ogni suo tocco. Cesare dal canto suo non ne aveva abbastanza, la baciò e l'accarezzo, ma non era abbastanza. Era sua, lo sapeva, sino all'ultima goccia. Lo aveva sempre saputo che sarebbe stato così.
    Cesare si liberò degli ultimi vestiti e portò Lucrezia sul letto. Ed iniziarono ad amarsi, come se stessero sognando, come se lo stessero aspettando da una vita. Cesare le diede tutta la sua forza e la sua passione. Lei - la più bella, la più desiderabile. Lui sì muoveva sempre più velocemente, stringendo sempre più i suoi fianchi. E l'intero corpo di Lucrezia pareva bruciare, conficcando le proprie unghie nella schiena del fratello quasi come se volesse strappargli la pelle. I suoi gemiti dovevano essere udibili persino nel corridoio.
    Continuarono per tutta la notte.
    Ora sapevano cosa significasse l'euforia, il picco del piacere. Erano un'unica cosa.

    ***


    I raggi del sole fecero capolino dalle tende accostate, il capo di Lucrezia era sul petto di Cesare mentre pensava al proprio futuro.
    - Cosa accadrà?
    - Andrò a Firenze e tu ti sposerai.
    - Non potremmo rimanere così per tutta la vita?
    - Se solo potessi - disse lui, scostando gentilmente la sua testa, i suoi capelli si sparsero delicatamente sul cuscino.
    - Abbiamo ancora delle prove.
    - Ma ne vale la pena?
    Lucrezia guardò Cesare.
    - Certo. Anche solo per la salvezza e l'immortalità del nostro amore... Magari un giorno scriveranno dozzine di libri, scriveranno centinaia di poesie ... E qualcuno lo chiamerà immorale, qualcosa di cui non parlare.
    Cesare la guardò dicendo: '' Lucrezia, non pensare a ciò che diranno o penseranno. Ti basti sapere che ti amerò per sempre, solo te, lo prometto. Anche quando esalerò il mio ultimo respiro, penserò a te".
     
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    Oh *____________* Mi piace moltissimo, la fine poi è veramente bella !!! Complimenti Verona <33 e complimenti anche alla traduttrice, io non avrei saputo nemmeno scrivere 4 parole in fila, perciò bravissima !
     
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  3. xcusemymonkey
     
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    CITAZIONE
    e complimenti anche alla traduttrice,

    Ahahahah, mi fai sembrare quasi una persona seria XD
     
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    Uhauahauahaua be' non ti montare la testa adesso eh -_________-
     
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  5. _verona_
     
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    Grazie per una tale revisione lusinghiero^__^
     
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  6. xcusemymonkey
     
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    CITAZIONE (Elisewyn @ 13/2/2013, 15:15) 
    Uhauahauahaua be' non ti montare la testa adesso eh -_________-

    No, no, e chi se la monta *appende targhetta nello studio*
     
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    Verona sei bravissima! E brava anche Van, che sopravvaluta il mio minuscolo contributo!

    CITAZIONE
    E qualcuno lo chiamerà immorale, qualcosa di cui non parlare.

    Bella bella bella!
     
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  8. lucreziaborgia
     
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    Stupenda, brava verona!!!!
     
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  9. Verdeirlanda
     
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    Davvero bella!!!!
     
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  10. littlefire
     
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    Bellissima 😍 complimenti all'autrice a è alla traduttrice 😊😊😊
     
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9 replies since 13/2/2013, 13:49   633 views
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