Moda rinascimentale

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    Aspe che lo riposto perché pinterest è bastardino:

    DqADaq1

    Comunque bellissimo! Peccato l'animale morto XD
     
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    Ahahahahahah be ' io penso sempre che la dama con l'ermellino sia stata un'attivista animalista visto che è l'unica con un animale da pelliccia ancora in vita. A parte l'animale morto amo il ventaglio e la consistenza del tessuto che pare velluto credo ?
     
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    Potrebbe esserlo, sembra un po' lucido ma il velluto può esserlo. Io amo molto colori e disegno.
     
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    Per tutto il Medioevo il nome di gonnella si riferisce ad un indumento intero sia maschile che femminile. Verso il 1400 la
    gonnella o sottana si vede più frequentemente ricordata col nome di gamurra, camurra o camora a Firenze e con quello di zupa o cotta nel nord del paese. Alla fine del Rinascimento la veste femminile si divide orizzontalmente in due pezzi: corsetto e sottana; il rapporto tra le due parti rimarrà stretto e metterà in evidenza i due piani del corpo.
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    CITAZIONE
    Capo basilare del guardaroba femminile è, nella prima metà del secolo la GAMURRA (a Firenze chiamata CAMORA , mentre nel settentrione ZUPA). Questa viene portata a inizio secolo abitualmente semplice, in stoffa di lana, sfoderata per il ceto medio, la cui severità è interrotta da tagli allo scollo e alle maniche, lasciando intravedere il lino candido della camicia sottostante. Le maniche lunghe strette e spesso di stoffe e colori contrastanti, sono quasi sempre staccate e allacciate alla veste con AGHETTI o nastri.

    Questo è vero soprattutto quando, nella seconda metà del secolo, la moda di far vedere la camicia sottostante dagli spacchi della manica induce a portare la gamurra senza sopravveste, prendendo il nome di VESTE.

    Per uscire di casa alla gamurra si accompagna la CIOPPA (PELLANDA in Italia settentrionale), sopravveste maestosa e fluente che conserva la linea trecentesca nell’aderire garbatamente al seno per poi ampliarsi a “ventaglio” nello strascico segnando alta la vita. Le maniche sono lunghe e strette a differenza dell’Italia settentrionale in cui si aprono lunghe e ampissime, foderate come il resto della foggia in stoffa di seta o pelliccia (di ermellino, vaio, martora o scoiattolo) a seconda della stagione, lasciando gli orli a vista. Talvolta l’ampiezza della stoffa sotto al seno viene raccolta in pieghe piatte o cannoncini, donando così ricchezza all’abito.

    La coppa, oltre ad essere considerata il capo d’abbigliamento di maggiore importanza (perché elencata per prima fra le vesti negli inventari dei corredi) è la sopravveste così comune in Toscana che una legge fiorentina del 1464 consente alle serve, schiave e balie di portare “una cioppolina nera” rischiarata da collaretti o maneghetti di lino o cotone bianchi.

    La linea rigida di questo indumento è ammorbidita dal gesto di rialzarla sul davanti con uno, o spesso con tutte e due le mani, increspandola e facendola sbuffare sul grembo in modo che si riveli la fodera o pelliccia di colore contrastante, mettendo in vista la gamurra sottostante, talvolta di ricca stoffa damascata o guarnita di balze e ricami.

    CIOPPA e GAMURRA costituiscono il binomio fondamentale del vestiario femminile invernale.

    (Gamurra a destra e coppa a sinistra:)

    My0LDta



    Quando si va verso l’estate, l’abbigliamento muta e si basa su un altro binomio: COTTA e GIORNEA, confermato dalle leggi fiorentine del ‘456 e ‘464 che le nominano entrambe “ le cotte ed altri vestiti per di sotto”.

    Tra le vesti femminili la COTTA spicca per l’eleganza dei tessuti e le file di bottoni o magliette in oro e argento e nastri che tutta la chiudono. Nella linea la cotta è assai più aderente al corpo rispetto alla giornea e alla coppa, mentre le maniche, talvolta ricamate e spesso di colore e stoffa differente, sono, come nella gamurra alleggerite da tagli che lasciano uscire a piccoli sbuffi la camicia. Nelle giornate estive più calde la cotta viene portata singolarmente ma è consuetudine (almeno per uscire di casa) abbinarla alla GIORNEA, sopravveste assai simile alla guarnacca trecentesca, aperta davanti e sui fianchi con manica staccata o sprovvista di quest’ultima. Talvolta viene foderata di pelliccia diventando così un capo invernale.

    Come nel ‘300, sulla veste e sopravveste le donne anziane continuano a portare il MANTELLO, che con tutte le sue ampie pieghe tutto ricopre. Esso appare scuro, in tinta unita, talvolta con risvolti di velluto o pelliccia. Le vedove lo portano rialzato sul capo. Per le giovani donne invece è usanza portare mantelline assai più corte e sfarzose chiamate SBERNIE. Le TURCHE sono mantelle ampie e lunghe di origine orientale e si indossano a letto, nei mesi invernali per ripararsi dal freddo.

    (giornee, la rosa e la bianca:)

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    (mantello, l'azzurro)

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    COMPLEMENTI DI VESTIARIO FEMMINILE

    Svariati sono gli accessori che arricchiscono le sontuose vesti a cui le nobildonne malvolentieri rinunciano; tra questi ricordiamo l’AGORAIO, le BORSE, i GUANTI e gli OROLOGI (a meridiana, a molla e bilanciere) oltre agli innumerevoli GIOIELLI, BOTTONI, SPILLE che adornavano scolli, maniche, cinture e acconciature.

    Sotto alla cotta o alla gamurra è documentato l’uso di lunghe CALZE SOLATE o meno, solitamente di colore rosso, paonazzo o bianche. Non sovraccariche di ornamenti come quelle maschili, ma per questo non meno eleganti per l’aderenza del tessuto alla gamba, quest’ultime vengono sorrette e tenute tirate da giarrettiere (CORREGGINI), probabilmente a forma di strisce di tessuto allacciate alla vita.

    Le donne più abbienti, sopra alle calze portano scarpette o CALIGAE in suola di cuoio e tomaia di tessuto, che modellano fedelmente la forma del piede. Più diffuse sono le PIANELLE e i CALCAGNINI che a differenza delle scarpe non ricoprono il calcagno e sono tenute al piede da strisce di cuoio o velluto e si distinguono per le suole rialzate in sughero (in Toscana si trovano le più alte, le suole potevano arrivare fino a 10 cm di spessore) con lo scopo di riparare le vesti dal fango e dalla sporcizia.

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    Quante cose, a volte mi è difficile figurarle in mente ;_;
     
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    Io da questo articolo ho finalmente capito qualcosa ma continuo a confondere tra loro le varie forme di mantelli quindi rinuncio ad imparare i nomi.
     
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    Da noi i CALCAGNINI sono ancora in voga XD più che altro mia madre li chiama così ed ora mi spiego il motivo ! Comunque ammetto che non credevo che gli orologi fossero degli accessori utilizzabili nel '400 forse perché non ricordo di aver mai visto in qualche opera artistica delle donne con degli orologi 🤔🤔🤔 anche perché li ho sempre collegati ad una sfera maschile.
    Invece la stupidaggine del giorno è che la Giornea mi pare un capo da famiglia stark di Got XD
     
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    Aprile è uno degli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia a Ferrara, dipinto da Francesco del Cossa tra il 1468 e il 1470 circa. Un’illuminazione chiara e una costruzione prospettica impeccabile rendono verosimili i dettagli più improbabili e visionari.
    Il mondo naturale, i personaggi e le loro attività sono descritte con minuzia e precisione.

    image

    I giovani indossano CALZE SOLATE, giornee dal l’orlo frastagliato, eleganti farsetti e alti berretti di panno.
    Le calze potevano essere di vari materiali, dalla comune lana al cotone per gli indumenti di minor pregio, ma anche stoffe molto preziose per i benestanti; erano in genere foderate in lino soprattutto nella parte dell’inguine e della coscia per non procurare fastidio. Solitamente i colori erano brillanti formando un piacevole contrasto cromatico alla vista.

    image1



    Gli uomini indossano, sopra alla biancheria, il FARSETTO: un indumento aderente e corto. Il termine farsetto deriva da “farsa” cioè ripieno, dato che era foderato, stratificato o imbottito di bambagia o, più economica, di borra ovvero il sotto pelo della pecora.
    Il farsetto era una veste a più usi, veniva indossato tra le mura domestiche, in giardino come in “Aprile” del Cossa e anche durante i lavori.
    I farsetti indossati erano stretti in vita, chiusi frontalmente da una serie di bottoni e il taglio centrale sulla parte alta della schiena permetteva di avere un collo alto.
    Le maniche del farsetto da sopra al gomito alla spalla si mostrano ampie e stette invece sulla parte dell’avambraccio con la parte sottostante tagliata e richiusa per mezzo di laccetti da metà avambraccio al polso, dando una sorta di sbuffo alla camicia.

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    Sopravvesti Maschili: L’uomo a destra indossa un’elegante VESTINA gialla sopra al farsetto, la foggia sembra quella di una gonnella trecentesca, ma si tratta di una sopravveste dalle maniche e dal busto aderenti e la parte inferiore larga. Come il farsetto, si allacciava frontalmente da una serie di bottoni (bottoniera), arrivava a mezza coscia ed era ristretta in vita da una cintura chiusa posteriormente. Generalmente era foderato in pelliccia e, proprio come in “Aprile” del Cossa, era in vista agli orli e ai risvolti.

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    La GIORNEA, indossata sopra al farsetto, era una sopravveste diffusa in tutt’Italia e talmente amata che veniva utilizzata sia nelle stagioni fredde, foderata in pelliccia, sia nelle stagioni calde.

    Si trova ampia e aperta ai lati; l’ampiezza si ha da sopra al petto grazie alle cuciture che creano un effetto “a ondine” dovute ad una lavorazione a “cannellatura”, si tratta infatti di giornee cannucciate. Si trovavano in seta, in velluto, in damascato e in broccato, foderate o semplicemente orlate in pelliccia.
    La sopravveste era stretta in vita da una cintura chiusa posteriormente di pelle o di stoffa, sotto alla giornea, passando così solo sulla parte posteriore creando dunque una sorta di mantellina che risultava essere più lunga dietro che davanti oppure poteva abbracciare completamente la giornea.
    Il taglio tipico della seconda metà del Quattrocento è sullo scollo posteriore a “V”, più profondo rispetto al girocollo tondo frontale.
    La giornea poteva essere arricchita da frappe e frange a seconda del gusto personale e in base alla ricchezza di chi la indossava.

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    Le giovani donne, pettinate con eleganti acconciature impreziosite da nastri, perle e veli, indossavano direttamente sopra alla camicia la GAMURRA. Si trattava di una veste aderente al corpo dalla vita alta, come per le donne in “Aprile” del Cossa, o più bassa (all’ombelico).

    La GAMURRA presentava due chiusure, tramite lacci: una laterale e una frontale. L’apertura sul fianco era stretta da un laccio (a “zig-zag” o ad incrocio) che serviva per ottenere l’aderenza dell’abito al busto, l’apertura frontale era chiusa da un laccio parallelo utile pe creare l’aderenza al petto.
    Un altro tipo di taglio alla veste è visibile sul braccio, nella parte sottostante; la manica è aperta da sopra al gomito al polso creando una finestrella fino a metà avambraccio per poi essere stretta fino al polso da un laccetto creando così uno sbuffo della camicia sottostante.

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    Sopravvesti femminili: La CIOPPA, realizzata solitamente in tessuti pesanti come panno e velluto e foderata in pelliccia, ma anche in tessuti pregiati come damascato, broccato e panni ricamati in oro e argento, era indossata sopra alla gamurra.

    La sopravveste ampia arrivava fino alla punta dei piedi, e oltre, ed era più lunga nella parte posteriore creando uno strascico; si presentava generalmente a vita alta, segnata al di sotto del seno, proprio come per la donna a destra in “Aprile”, in un’elegante e giovanile cioppa di colore rosa. La parte superiore era stretta per poi allargarsi ampiamente dalla vita in tutta la sua lunghezza. La caratteristica di questa veste sta nelle maniche: dotate di aperture dalla spalla al polso. Questo particolare offriva varie possibilità di vestibilitá, le maniche potevano essere indossate mostrando dal taglio le maniche della veste oppure potevano essere lasciate a penzoloni, ricadenti dietro al braccio, come per ca giovane nell’opera del Cossa, mettendo in vista tutta la manica della veste.

    Perché rosa? I colori accesi, vivaci erano lasciati alle più giovani, i colori scuri come il nero, il bruno o il paonazzo erano, segno di dignità e saggezza, per le donne più adulte.

    image7



    Chiusa frontalmente da una serie di bottoni, la PELLANDA si mostrava con la parte superiore stretta e la parte bassa molto ampia e lunga. La sopravveste poteva avere maniche ampie “a tromba” o “ad ala” oppure maniche strette come per la donna a sinistra in “Aprile” in una fluente pellanda rosa scuro.

    La vita era piuttosto alta evidenziata dalla cintura sotto il seno.

    image8


    vestioevo

    Edited by theflorentineangel - 13/4/2017, 21:21
     
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    Credo che non mi abituero mai alla calzamaglia bicolore. Posso accettare tutto, ma quella non riesco. XD
     
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    CITAZIONE (Elisewyn @ 2/12/2011, 19:12) 
    Io avevo messo questo sui tessuti che andavano all'epoca in una role poco tempo fa :

    Ecco qua i tessuti dell'epoca ( li ho trovati alla SANTA Biblioteca Nazionale di Firenze in un libro sulla moda dell'epoca , di cui non mi sono segnata il titolo , ma che vi saprò dire) :
    Sete operate e pellicce di pregio.
    Le sete operate. tessuto con una alta quantità di filato d'oro e d'argento.
    Velluti pesanti tempestati di pietre preziose
    Mussola
    Zimarra ( velluto tagliato unito di un verde dal morbido cromatismo , foderata di zibellino con bottoni di perla, manifattura veneziana)
    Damasco
    Broccato.
    Bizzare (tessuti caratterizzati da disegni insoliti)

    Perdonami se ti pongo questa domanda dopo sei anni,ma ho scoperto questo forum da poco😅. Comunque, alla fine qual è il titolo del libro? xD
     
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    Non so quale fosse il suo libro ma in merito ti posso consigliare Guardaroba medievale e Tutti i colori del nero.
     
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    Oggi, da una delle tante letture fatte in treno, ho scoperto che la moda dell'inizio '500 è praticamente ispirata alla solida immagine della dea Minerva, che si allontana dalla leggiadria delle ninfe tipiche dell'umanesimo di Botticelli.
    In più, non so se qualcuno di voi l'aveva già scritto, in caso mi dispiace della ripetizione, pare che per dare risalto alla scollatura e al seno, divenuto fulcro della bellezza femminile di quel tempo, questo venisse fasciato in una largo e solido busto detto "casso".Del casso si hanno diversi modelli conosciuti, a parte quelli con le stecche di legno , esistono anche quelli con le stecche di ferro che OMG.
     
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    Non sapevo niente di questo push up rinascimentale, però ammetto che mi sembrava strano che, in assenza di un corsetto, non venisse usato nulla per "aiutare" la scollatura. Grazie per l'info!

    Ho trovato questo sui colori rispetto in particolare a Lucrezia Borgia:

    CITAZIONE
    I colori più rari, perché più costosi, erano il rosso e il nero cui, non a caso, il primo trattato a stampa di pittura tessile, il Plichto de l'arte de tintori..., edito a Venezia nel 1540, dedicava lo spazio maggiore.

    La colorazione in rosso era, ancora agli inizi del XVI secolo, il prodotto di rare sostanze tintorie usate per i filati serici destinati ai tessuti più importanti, come il velluto o il damasco.
    Il cremisino - la tonalità più ricercata, accesa e brillante, tante volte citata nel guardaroba di Lucrezia oltre che nei resoconti del suo viaggio verso Ferrara, e durante le feste per il matrimonio - era dovuto a una sostanza di origine animale, proveniente dall'Asia meridionale, che si trovava anche nelle miscele per ottenere le tonalità cupe del morello, altro colore preferito dal gusto della Borgia.

    La preziosità del nero, di cui Lucrezia sembra aver intuito e sfruttato tutte le possibilità di accordo e di risalto per la sua bellezza bionda, risiedeva nel fatto che, per ottenere questa tinta, era necessaria una miscela di sostanze ricche di tannino e di altri ingredienti ferrosi che risultava corrosiva per le fibre seriche; quindi, con dispendio di materia prima, durante la lavorazione, e poca resistenza nel tempo del tessuto stesso. [...]

    Accanto al fuoco acceso del cremisino, è dei colori scuri e pieni che fece gli alleati della sua bellezza: oltre al nero e al morello, le voci del suo guardaroba citano a ripetizione berrettino - un grigio bruno - e pavonazzo, cioè un viola intenso.
    La descrizione delle sue vesti ci mostra, però, il rigore di queste tonalità sempre vivificato dall'oro e dall'argento: sia come elementi decorativi applicati a profusione sugli abiti, sia come filati, parte integrante dell'opera tessile. Come esempio di applicazioni preziose, si possono citare le «centotrentasette peze de oro de martello xmaltate» usate per un mantello di raso color berrettino.

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    I colori di Lucrezia sono molto curiosi perché io, forse causa The Borgias, l'ho sempre associata a tonalità più chiare, in questo Fontana si è rivelato più preciso perché ricordo che la sua Lucrezia aveva anche vestiti di color nero e viola !
     
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    Sì TB era più aesthetic mentre Borgia, come anche i costumi teatrali o di molti cortei, era più rigoroso da quel punto di vista!
     
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