I Borgia nella letteratura europea

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  1. marie.
     
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    Non sapevo se metterlo qui o nei libri, però sembra più una questione culturale
    E' lunghissimo XD ma c'è un sacco di roba

    Marion Hermann Röttgen
    I Borgia nella letteratura europea


    I Borgia occupano da ormai 500 anni un posto importante nella letteratura europea, sia scientifica che letteraria. Ciò in ragione del fatto che esiste in Italia e in Spagna, cioè nei due paesi che riguardano i Borgia più da vicino, una quantità notevole di letteratura storico-scientifica, mentre nei paesi del nord Europa viene pubblicata soprattutto una sorprendente quantità di opere letterarie.
    Sembra che nell'Europa del sud ci si occupi prevalentemente della storia dei Borgia per i loro rapporti con la Chiesa e con la politica, mentre in Europa del nord ci si interessa dell'aspetto leggendario che caratterizza le vicende di questa famiglia.
    Sarebbe comunque impossibile parlare anche solo approssimativamente della quantità infinita di produzioni dedicate nel corso dei secoli a questa famiglia, a causa dell'eccessiva produzione di testi letterari, soprattutto per quanto riguarda romanzi e opere teatrali.
    Ogni secolo cerca di dare una propria immagine di questa leggenda, e questo fa sì che il lettore finisca per essere informato più sul mondo di chi scrive che sui Borgia stessi.
    Vi sono scrittori che, più di altri, sono responsabili per la trasfigurazione che hanno dato dei vari personaggi della famiglia. Si scopre, ad esempio, che i componenti maschi della famiglia vengono trattati in modo totalmente diverso dalle donne. Le figure maschili - Alessandro VI in quanto papa e suo figlio Cesare, che rappresenta il simbolo dell'eroe maschile - mantengono, anche dopo oltre 500 anni, una loro propria verosimiglianza, nonostante il giudizio nei loro confronti passi dalla più grande ammirazione al più profondo disprezzo.
    Le donne - Vannozza Caetani, l'amante del papa e madre dei suoi quattro più famosi figli, come anche sua figlia Lucrezia - subiscono invece una sorte oscillante. Tra immagini angeliche e diaboliche non vi è richiamo al femminile che si risparmi a queste donne.
    In tutte le opere letterarie appare questo comune fascino degli scrittori rispetto alla contraddittorietà che si incontrano in questa famiglia: il potere terreno e quello della Chiesa, una posizione ufficiale e una storia familiare che trattano la ricchezza, la bellezza e l'amore nello stesso modo in cui vengono trattate la guerra, la criminalità e il malcostume.
    Nonostante la molteplicità di immagini che nascono dalle vivaci fantasie dei poeti, si possono riconoscere certe motivazioni che hanno portato ad una letteratura sui Borgia e che, nel corso dei secoli, rimangono uguali a loro stesse, creando un genere di opere con essenziali punti in comune tra di loro.
    Si possono ritrovare tre motivazioni essenziali che riguardano la letteratura sui Borgia.
    - L'importanza della grandezza nazionale e del potere militare che è alla base di trattazioni, romanzi e opere teatrali nei quali Cesare Borgia occupa una posizione centrale. In queste opere il figlio del papa viene eroicizzato e dichiarato eroe nazionale per merito delle sue lotte e delle capacità militari, e per aver ingrandito lo stato pontificio.
    - La posizione critica rispetto alla Chiesa romana, che concentra l'attenzione sulle storie paurose e criminali intorno alla figura di papa Alessandro VI che, insieme alla sua famiglia, diventa simbolo di una chiesa corrotta per tutti gli scrittori anticattolici e anticlericali. Il punto di vista aggressivo degli autori porta ad una demonizzazione di tutta la famiglia e del papa stesso, al quale si attribuisce, addirittura, un patto con il diavolo.
    - L'erotismo e la sessualità, da sempre punto focale rispetto all'interpretazione del ruolo delle figure femminili della famiglia. Queste opere parlano dell'intimità della vita familiare e sono troppo condizionate da problemi psicologici o, come in alcuni casi, caratterizzati da un bisogno di compensazione che lascia emergere problemi sessuali dell'autore stesso o della sua epoca, attribuendoli infine in modo confuso alla leggenda dei Borgia.
    Ovviamente queste motivazioni si intrecciano tra di loro e con altre ancora, pervenendo a determinare storie letterarie relative alla storia dei Borgia.
    Una delle fonti più importanti che riguarda i Borgia è il trattato dell'umanista fiorentino Nicolò Machiavelli "Il Principe", scritto nel 1513, cioè dieci anni dopo aver accompagnato, in qualità di ambasciatore del governo di Firenze, Cesare Borgia nel 1502 e 1503 nella sua marcia di conquista attraverso la Romagna.
    Questo trattato espone una teoria dello Stato che permetterà a Machiavelli, una volta applicata in pratica, di "liberare l'Italia dagli barbari". Egli riconosce in Cesare Borgia un eroe che "sembrava mandato da Dio per liberare l'Italia, ma che il destino, al culmine della sua carriera, rifiutò per lasciare l'Italia ancora come morta".
    Machiavelli aspirava ad una unificazione che doveva sostituire i piccoli Stati in rivalità tra loro e, di conseguenza, rafforzare il potere del paese intero. Verso questo obiettivo Cesare Borgia aveva compiuto i primi passi decisivi. Nel corso di tre marce di conquista importanti e di grande successo per lo stato pontificio, egli riuscì ad annettere parti importanti della Romagna, portando in tal modo almeno una parte dell'Italia nelle mani di un solo potente. Per queste ragioni Cesare Borgia per lo scrittore fiorentino rappresenta l'immagine ideale di un principe esemplare e di un eroe affascinante.
    "Non esito mai di menzionare Cesare Borgia e i meriti delle sue azioni… Riassumendo tutte le azioni del Duca, non potrei rimproverarlo; piuttosto egli mi apparve un esempio… Il Duca Valentino è un uomo, di cui azioni imiterei dappertutto, se io fossi un principe…".
    Nonostante Machiavelli conoscesse personalmente Cesare Borgia, non si può considerare che il suo trattato sia una biografia del figlio del papa. Egli viene invece identificato con l'immagine di un principe che deve imporre col potere e senza troppi scrupoli i suoi fini politici, se vuole realizzare i suoi alti ideali di politica tra gli uomini che Machiavelli comunque considerava corrotti.
    Machiavelli motiva la ragione della caduta di Cesare in seguito alla morte del padre, affermando che egli, in quanto figlio di un papa, non ebbe alcuna possibilità di garantire il suo potere allo stesso modo degli altri principi, i quali invece ereditavano i frutti della politica dei padri attraverso la successione nobiliare.
    Il pensiero di Machiavelli non ha mai perso il suo fascino; il concetto di "stile machiavellico" è diventato un termine comune, autonomo e affrancato da Machiavelli stesso e dal suo trattato.
    La fama del grande e crudele Generale Cesare Borgia sarà per sempre legato al concetto machiavellico tramandato attraverso la letteratura. Ci si può chiedere se Cesare Borgia avrebbe mai raggiunto una fama così elevata, se non fosse stato per il trattato di Machiavelli.
    Comunque è in questo modo che egli divenne "esempio" del machiavellismo e paradigma dell'uomo politico che si pone l'obiettivo dell'unificazione nazionale e la cui crudeltà viene legittimata dalla necessità di fondare uno Stato unitario, fine ultimo di ogni sua azione da far valere su tutto.
    Cesare Borgia incorpora uno degli eroi preferiti della letteratura drammaturgica in Europa per tutto il periodo del movimento nazionale della seconda metà del XIX secolo.
    In Francia Paul Verlaine inserisce nelle sue poesie Poèmes Saturnies (1866) una poesia dedicata ad un ritratto di Cesare Borgia, proveniente dalla collezione di quadri di Paul Giovio, di cui esiste ancora oggi una copia nel museo nazionale di Palazzo Venezia a Roma. Di fronte ad uno "scuro sfondo, dove si vede svanire un vestibolo prezioso, dove sognano i bianchi busti in marmo di Orazio e Tibullus … nell'oro sazio della penombra" si vede il "Duca Cäsar", con capelli neri, occhi neri e velluto nero, e "il pallore nobile della faccia", di un naso "fino e dritto", una "bocca piccola e rossa" ed uno sguardo che "si perde senza meta… La fronte alta, pura, piena di progetti terribili medita sotto il berretto, dal quale esce una piuma di fiammanti rubini".
    Verlaine "dipinge" così un ritratto di Cesare Borgia, tipico del diciannovesimo secolo: Cesare è bello, nobile, potente e terribile.
    Incontriamo lo stesso Cesare Borgia nel romanzo inglese "Cäsar Borgia", pubblicato nel 1846 da Emma Robinson. L'idea dell'unificazione nazionale diventa il filo conduttore del romanzo storico. Cesare si distingue da tutti gli altri capi politici del suo secolo per un "senso acuto, con perfidia e crudeli energie".
    Nonostante egli rappresenti "l'orrore d'Italia", si considera che questo orrore sia benefico, perché è un sacrificio che bisogna pagare per realizzare lo scopo principale.
    Anche Machiavelli, che appare in questo romanzo, proclama il ruolo avuto da Cesare Borgia in modo molto chiaro: "Tu, oppressore dei tiranni … unifica le splendide province italiane, a costo di provocare un mare di sangue".
    Cesare Borgia diventa un eroe politico anche nell'Italia del XIX secolo. Nel 1881 esce a Torino il dramma in versi di Pietro Cossa "I Borgia". Il politico liberale Cossa considera Cesare come il "trionfatore" che, in quanto "servitore satanico di Dio", ha il dovere di unificare l'Italia. "Che sia dato a me", dice Cesare Borgia, di scuotere l'Italia e di svegliarla dal suo sogno antico … vi è una benedizione felice nel mio nome Cäsar!".
    Nella letteratura tedesca troviamo il pensiero di un legame tra la figura di Cesare Borgia e la nostalgia di uno Stato nazionale, prima nell'opera dello storico della cultura Jakob Burckhardt. Nel suo libro "Die Kultur der Renaissance in Italien" (La cultura del Rinascimento in Italia), egli assimila la figura del figlio del papa ai cosiddetti "uomini violenti". Cesare Borgia, sostiene Burckhardt, avrebbe portato a compimento un'azione importante, che già allora avrebbe potuto condurre all'unificazione dell'Italia tanto invocata da Machiavelli.
    "Se vi è qualcuno che potrà garantire alla comunità la grandezza, il potere e la gloria, a costui si perdonano gli atti criminosi: tutto dipende dal successo".
    Il principe Gobineau pubblicò le sue quattro scene storiche intitolate "La Renaissance" (Il Rinascimento) nel 1866 in Francia. Anche qui Cesare Borgia appare come il tiranno crudele ma legittimato, destinato a diventare "l'uomo supremo di tutta Italia", per mettere finalmente in atto la tanto desiderata unificazione nazionale. "Non è un mostro", si dice di lui, ma "un amante del potere, per il quale non esistono scrupoli quando si tratta di lottare a morte per la conquista dell'aureola della vittoria… egli sa ciò che vuole, e vuole ciò che deve volere. I suoi piani devono potere andare in porto".
    Esistono molti testi teatrali triviali che parlano dell'eroe politico Cesare Borgia che porta il suo popolo verso l'unificazione nazionale e che si riferiscono al pensiero di Buckhardt, utilizzando le sue fonti e imitando sempre, più o meno in modo preciso, le scene storiche di Bobineau.
    In tutti questi testi Cesare Borgia appare come un personaggio ambivalente, che si situa tra il bene e il male. Crudeltà e grandezza costituiscono un legame che, riferendosi alla questione di fondo, cioè allo scopo politico, vengono giustificate. In questo modo Cesare Borgia corrisponde all'immagine ideale del Machiavelli, ma non appare mai come un eroe unico e positivo.
    Considerando l'origine dei vari autori in questione, si scopre nella maggior parte di loro un impegno politico ed un atteggiamento anticlericale e anticattolico, che, se pur in modo non esclusivo, influenzò la scelta del Borgia come eroe.
    Si può ritenere che la nostalgia di una grandezza nazionale ha portato all'idealizzazione di Cesare Borgia e i prodotti letterari che lo hanno riguardato sono stati guidati dalla politica.
    Nei nostri tempi è diminuito l'interesse per i successi militari di Cesare, ma è rimasto il fascino di questo eroe che unisce crudeltà e grandezza.
    Il secondo genere letterario è, contrariamente a quello precedente, determinato soprattutto da un atteggiamento critico nei confronti della Chiesa romana. Ma il punto di vista dei critici è molto diversificato.
    Calvinisti, luterani, anglicani, ma anche atei, cioè i rappresentanti di opinioni tra le più diverse, concordano nelle loro definizioni e descrivono le stesse versioni crudeli della leggenda Borgia.
    Tutti sostengono che Alessandro ebbe un patto con il Male
    . Per provarlo si ricerca tra le storie criminali quelle che sarebbero accadute alla famiglia Borgia, o anche in racconti che parlano del rapporto del papa con il diavolo, con il quale egli avrebbe suggellato un patto. Ciò avvicina papa Borgia alla figura del Faust, permettendo di stabilire analogie e connessioni.
    Già ai tempi dei Borgia vi fu un certo Johannes Burchardus che, in quanto capo cerimoniere di Alessandro VI, redasse un diario che conteneva voci di stregonerie e di superstizioni, alle quali si deve la prima leggenda dei Borgia.Egli sostiene, ad esempio, di aver visto nella sala mortuaria di Alessandro VI diavoli volare in giro.
    Nel 1516, durante il Concilio laterano, si ricorda un altro testimone che sosteneva di aver sentito personalmente come Alessandro Borgia, allora ancora cardinale Rodrigo, mentre si trovava in chiesa, avesse suggellato un patto con il diavolo il quale però lo avrebbe poi ingannato togliendoli sette anni della sua carica.
    Il periodo di crisi che distingueva il '500 incentivò anche la superstizione e portò ad interpretare la vita di Alessandro come se egli fosse l'Anticristo. E furono in molti ad esserne convinti, quando nel 1498, cioè tre anni e mezzo dopo la carica conferita ad Alessandro, Savonarola venne bruciato sul rogo. Nella Bibbia si legge, in proposito, che tre anni e mezzo dopo l'apparizione dell'Anticristo, sarebbero apparsi i predicatori Henoch ed Elias, e predicando, avrebbero svelato la sua ipocrisia. E che l'Anticristo avrebbe poi ammazzato i predicatori.
    Addirittura lo storico fiorentino Francesco Guicciardini non negò del tutto questa interpretazione dei fatti. Nel 1534 scrisse l'opera "Storia d'Italia" in diversi volumi, destinata a diventare la fonte più importante per quanto riguarda il pontificato Borgia. Ma a tutt'oggi si continua ad ignorare che lo storico, opportunista, scrisse la sua Storia per conto del devoto papa Farnese, Paolo III, il quale si occupò in quei tempi della preparazione del Concilio di Trento.
    Guicciardini applicò il nuovo codice morale e valutò Alessandro VI negativamente, concordando in pieno con il senso della nuova morale che risentiva pesantemente della mentalità tipica della preriforma dell'Italia a quei tempi. La presentazione che Guicciardini fa di Alessandro e che lo caratterizza con l'immagine dell'Anticristo, influenzò in modo determinante il processo di demonizzazione subito da Alessandro VI. In seguito alla spaccatura avvenuta nella Chiesa, l'opera dello storico fiorentino divenne la fonte più importante per gli scrittori anticattolici e antipapisti.
    A questo proposito esiste un clamoroso episodio che Barnabe Barnes presentò nel 1607 con il suo dramma dell'orrore intitolato "The Divils Charter" (Il patto con il diavolo). Occorre premettere che le fonti alle quali Barnes si riferiva provenivano dalla prima traduzione in inglese delle opere del Guicciardini per mano di Gioffrey Fenton. Il dramma prende inizio da un dialogo con il quale si chiarisce agli spettatori che non si tratta di divertirsi, ma di capire l'esempio minaccioso di una fine terribile: "Cari spettatori, non aspettatevi una rappresentazione del divertimento … il nostro oggetto riguarda sangue e morte tragica, l'incesto infame e ipocrisie … tutto quel male che qui ci viene addosso dal diavolo".
    Si fa appello a Guicciardini come testimone per sostenere che nella storia che si riferisce al papa Alessandro VI vi sia in gioco il diavolo. Il dramma nel suo insieme espone una disputa polemica con la Chiesa cattolica che, secondo Barnes, viene rappresentata in modo molto sintomatico attraverso la figura di papa Borgia.
    Alessandro VI viene rappresentato nell'opera di Barnes con una crudeltà che raggiunge i limiti del comico. Non solo egli tollera i crimini, come l'assassinio di suo figlio, duca di Gandia, per mano del fratello Cesare, ma diventa egli stesso assassino. Nell'ambiente cupo della sua lussuriosa e rossa stanza da letto egli avvelena il suo pupillo di piacere, Astorre Manfredi e il bel fratello di quest'ultimo. Ai due giovani viene servito il vino che li fa addormentare. Alessandro a questo punto appoggia due serpenti velenosi sui loro petti e fa portare i "lovely boys" sulla riva del fiume Styx.
    E non meno piccante si può considerare la morte che Alessandro riserva a sua figlia Lucrezia. Le regala una fiala contenente una tintura cosmetica che ella era solito usare per colorire i suoi bei capelli biondi, ma che, appena applicata, provoca calori terribili provenienti dall'interno del suo corpo, per farla morire tra dolori atroci, con la pelle completamente bruciata e devastata.
    Le ragioni per gli assassinî perpetrati da Alessandro VI, un miscuglio di spontaneità, di vendetta e di gelosia, non vengono approfondite. Le spiegazioni psicologiche che potrebbero chiarire questi crimini sono rintracciabili nel pensiero del narratore stesso, il quale se le inventa completamente.
    La fantasia di Barnes è particolarmente vivace, quando si tratta di raccontare aspetti dell'orrore. Con la scusa di accusare il male, che viene rappresentato attraverso la figura del papa e della sua Chiesa, Barnes si lascia andare a fantasie eccessive e sadiche, che fanno pensare ad una certa sua affinità con il male e che mettono in dubbio la sua personale moralità.
    Il titolo del dramma "Il patto con il diavolo" tradisce infatti la vera intenzione di Barnes che, attraverso la presentazione del dramma dell'orrore, vuole convincere il suo pubblico che il papa - e non solo il papa Alessandro VI - sarebbe in potere del diavolo.
    Attraverso le leggende che nel corso del XVI secolo vennero diffuse intorno ai Borgia, Barnes trovò nella figura di Alessandro VI un oggetto appropriato per dare forma polemica al suo odio contro la chiesa cattolica e per diffamare il papato come opera del demonio.
    L'opera di Barnes trovò soprattutto in Inghilterra i suoi seguaci sino ai giorni nostri. Come esempio si può citare un dramma dell'importante romantico inglese Algernon Swinburne (1837-1909), che intende contribuire alla polemica anticlericale attraverso le sue storie dell'orrore che parlano della crudeltà della famiglia del papa.
    La curiosità per i crimini che caratterizzano la leggenda dei Borgia supera ogni limite, quando gli autori sono nemici dichiarati della Chiesa. Basti tra l'altro pensare al filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, il quale dichiarò Cesare Borgia, a causa delle sue note crudeltà, come una specie di "Uebermensch" (superuomo) considerando nella sua opera "Antichrist", ciò che sarebbe successo se Cesare Borgia avesse potuto essere eletto papa: "Una commedia, così significativa e allo stesso tempo così meravigliosamente paradossale che tutte le divinità dell'olimpo avrebbero trovato finalmente l'oggetto della loro immortale ilarità, ebbene sarebbe stata una vittoria, che io oggi pretendo con ciò si sarebbe annientato il cristianesimo."
    Fino al nostro secolo, partendo da Burchardus fino a Nietzsche, si rintracciano testi satirici che contribuiscono alla demonizzazione del papa, seguendo le tradizioni dei nemici della Chiesa, che confrontano Alessandro con l'Anticristo.
    La più pungente e dissacrante satira sui Borgia è il "Das Liebeskonzil - Eine Himmelstragödie in 5 Akten" (Il concilio dell'amore - Una tragedia celeste in 5 atti) di Oskar Panizza, del 1894, per la quale, appena uscita, venne condannato l'autore, accusato di bestemmie contro Dio.
    Panizza è di indubbio cattivo gusto quando, volendo schernire il cristianesimo, rappresenta Dio Padre come un vecchietto malaticcio, Gesù Cristo come un essere infantile e fiacco, e la madre Maria come una puttana lasciva. Papa Alessandro VI diventa la caricatura di tutti i papi e viene rappresentato come un libertino senza coscienza, che si lascia andare solo e unicamente ai suoi "scatenamenti sensuali ed eccessi sessuali".
    L'ordine sulla terra può essere ristabilito solamente con l'aiuto del diavolo, il quale resusciterebbe Salomè dalla sua tomba per concepire con lei una figlia, Syphillis (Sifilide), che dovrebbe portare la malattia su quel mondo corrotto. Bisogna insomma punire la sessualità: questa almeno era l'opinione di Oskar Panizza, il quale in seguito alla sua detenzione si ammalò psichicamente, trascorrendo poi il resto della sua vita in un manicomio.
    Con il suo dramma Panizza fa parte di una tradizione di molti scrittori che si opponevano alla Chiesa romana, ma che erano primariamente spinti da un interesse morboso per l'erotismo e la sessualità.
    Il terzo filone letterario si riferisce alla vita intima della famiglia Borgia, dove le donne sono al centro della trama letteraria nonostante non abbiano occupato storicamente un ruolo importante nel pontificato Borgia, lasciando naturalmente da parte una certa loro importanza nella politica matrimoniale di Alessandro VI.
    Già ai tempi di Burchardus, il maestro di cerimonia di Alessandro VI, egli portò con il suo diario l'attenzione sulle cosiddette ambizioni sessuali del papa Borgia e su Lucrezia Borgia.
    Nel 1501 parla di una festa che dovrebbe avere avuto luogo il 31 ottobre, il giorno prima di tutti i santi, la festa cristiana più importante. Si tratta del cosiddetto ballo delle castagne, un'orgia accompagnata da eccessi sessuali, festeggiata, così pare, dal papa, dal figlio Cesare e dalla figlia Lucrezia, in compagni di cinquanta cortigiani nel Palazzo Vaticano.
    Leggendo queste descrizioni in modo critico, ci si rende conto che Buchardus - seguendo i suoi sentimenti superstiziosi di tedesco di quei tempi - attribuì alla festa, alla quale egli non assistette personalmente, descrizioni degne di un sabbat delle streghe.
    Sempre nell'opera di Burchardus si trova copia di una lettera anonima indirizzata al barone Savelli, nella quale si accusa Lucrezia Borgia di intrattenere rapporti incestuosi con il padre e con i fratelli. Mentre papa Alessandro VI liquidò la lettera con una risata ironica, storici e uomini di lettere si sono occupati seriamente di queste accuse. La prima biografia dei Borgia di Tomaso Tomasi, uscita nel 1655 che per il suo aspetto letterario può essere definita come un romanzo, riprende il tono della lettera di Savelli.
    La sessualità alla quale Alessandro viene indotto da Vannozza Caetani è l'origine di tutti i mali del pontificato Borgia. Vanezza, in quanto donna e perciò simile alla peccatrice originaria Eva, porta la colpa. Il peccato originale di Alessandro è l'inizio dell'inevitabile caduta dei Borgia.
    Tomasi, seguace dei Medici, scrisse il suo romanzo con l'intenzione di diffamare Alessandro Borgia, ma di assolverlo in quanto papa. L'uomo Borgia è vittima della perfidia stregonesca di "Harpye" che lo ha corrotto con il malcostume. La colpa di tutto questo disastro del pontificato Borgia viene attribuito alla sua amante Vannozza, madre dei suoi figli, che avrebbe fatto un patto con il diavolo come Eva con il serpente. Alessandro sarebbe Adamo e quindi una vittima del male al quale si può e si deve perdonare.
    Tomasi sperava nel consenso della Chiesa, perché pensava di offrirle una soluzione per il suo conflitto, cioè che Alessandro Borgia doveva, nonostante la buia leggenda che caratterizzava la famiglia, trovare una giustificazione storico-ecclesiastica in quanto papa.
    Nonostante ciò, Tomasi costruì la sua biografia sulle basi di numerose storie lubriche della leggenda Borgia per divertire i lettori e, così egli stesso sostiene, per parlare di un cattivo esempio. Ma le intenzioni di Tomasi erano troppo astute. La Chiesa preferì il silenzio intorno ai pettegolezzi fantasiosi su Alessandro VI e interdisse il libro.
    A distanza di soli quindici anni uscì ad Amsterdam una versione rivisitata della biografia dei Borgia. Il suo editore Gregorio Leti, immigrato all'estero verso nord, si era convertito al calvinismo e perseguiva da allora il papato con grande odio. Leti completò il romanzo di Tomasi con descrizioni molto dettagliate e creò in tal modo un perfetto romanzo barocco tipico di quei tempi.
    Con lui l'amante di Alessandro incorpora l'immagine delle grandi maitresse del Barocco, che si conquistano il potere personale soprattutto attraverso i propri figli. Vannozza diventa la persona centrale della trama. La sua influenza sul papa è comparabile a quella di una marchesa di Maintenon; il pontificato di Alessandro assomiglia più alla corte assolutista di Luigi XIV che al palazzo Vaticano del '500.
    Il romanzo di Leti sui Borgia tratta delle maitresse del settecento e dei problemi di corte del proprio tempo, riferendo il tutto al periodo storico dei Borgia. Di conseguenza è solo durante il periodo barocco che ci si interessa di Vannozza, la madre. Da allora si parlerà di lei solo marginalmente.
    Non è così per Lucrezia, per la quale l'interesse proseguirà nei secoli successivi.
    Dal diciottesimo secolo in poi il rapporto tra uomo e donna assume, attraverso il cambiamento delle strutture sociali, una caratteristica nuova.
    Lucrezia Borgia è una delle figure storiche femminili adatte a proporre un modello alle fantasie maschili.
    Victor Hugo, il poeta del romanticismo francese, pubblicò nel 1831 il suo dramma "Lucrezia Borgia" ambientato nel palazzo di Lucrezia a Ferrara, cioè "nel palazzo del piacere, nel palazzo dell'assassinio, nel palazzo dell'adulterio, nel palazzo dell'infamia e del sangue".
    Il poeta che mantiene rapporti stretti con un predecessore dello psicanalista Sigmund Freud, il neurologo Esquinol, creò la sua eroina come un simbolo del conflitto irreversibile, nel quale l'uomo del diciannovesimo secolo si specchiava.
    Ella rappresenta il "mostro", come Hugo stesso la chiama, una donna che si situa tra il bene e il male. "I due demoni lottano dentro di me, quello buono e quello cattivo", si lamenta Lucrezia. Da una parte ella rappresenta il senso massimo della buona e amorevole madre, pronta a sacrificarsi per amore di suo figlio, dall'altra è la femme fatale, assassina di uomini, bella ma crudele che si vendica per ogni offesa con il suo orribile veleno.
    Victor Hugo non trova in lei l'ideale femminile, perché la donna "buona" non è desiderabile in quanto è madre, mentre la donna desiderabile è diabolica perché seduce l'uomo verso il peccato.
    La sua soluzione teatrale è la morte.
    I poeti del diciannovesimo secolo amano proiettare questo rapporto di tensione sulla famiglia Borgia, nel quale vi è un legame insolito che si gioca tra il bene, rappresentato attraverso il papa vicario di Cristo, e il male, rappresentato dai cosiddetti rapporti incestuosi.
    Mentre Victor Hugo si impegna in modo cosciente a dare una forma simbolica al conflitto psicologico del suo tempo, esistono molti altri lavori letterari in cui questo processo si svolge a livello inconscio, indagando sulla tematica di questa famiglia corrotta dei Borgia, interpretandola secondo propri problemi intimi personali.
    Lo scrittore svizzero Conrad Ferdinando Meyer pubblicò nel 1891, poco prima del suo crollo psichico finale, l'ultima sua novella intitolata Angela Borgia.
    Il racconto di Meyer tratta di due donne: Lucrezia Borgia, la seduttrice peccaminosa che riesce ad amare solo il fratello, e Angela Borgia, cugina di Lucrezia, che porta quel suo nome angiolesco a buona ragione perché si dimostra pronta a sacrificarsi per l'uomo amato.
    L'autore di questa novella si trovò lui stesso imprigionato in un conflitto personale dovuto all'amore per la propria sorella e per la propria moglie. Meyer passò gran parte della sua vita insieme alla sorella in un rapporto erotico non esplicito, ma comunque in una forma di vita in comune simile a quella matrimoniale.
    Il suo tardo matrimonio nel 1875 si configurò in un primo momento come un matrimonio a tre, per essere ben presto messo in pericolo da una rottura tra le due donne.
    La problematica erotica personale di Meyer, la sua tendenza ad un rapporto incestuoso, che si può rintracciare in altre opere, e la sua incapacità di costruire un rapporto sessuale normale con una donna che non fosse la sorella, unita ad un profondo senso di colpa di fronte ai propri desideri, si rispecchiano nella sua novella "Angela Borgia" come se si trattasse di uno studio psicanalitico.
    L'esempio Meyer vale per tanti altri libri sui Borgia. Conflitti sessuali irrisolti e propri di chi scrive determinano la figura dei personaggi letterari dei Borgia.
    Dal diciannovesimo secolo in poi sembra che sia soprattutto Lucrezia Borgia a rappresentare un'immagine ideale proiettata dalla fantasia maschile.
    Citiamo solo alcuni esempi della letteratura tedesca: per il romanzo del poeta Friedrich Maximilian Klinger, "Faust Leben. Taten und Höllenfahrt" (La vita di Faust. Le sue azioni e la sua discesa nell'inferno) del 1791, che si svolge essenzialmente alla corte di Alessandro VI, Lucrezia Borgia rappresenta un'allegoria di Venere.
    A metà del diciannovesimo secolo lo storico della cultura Ferdinand Gregorovius descrive nella sua biografia Lucrezia Borgia come una brava donna della borghesia "che non sembra essersi elevata al di sopra della media".
    Il poeta espressionista Klabund rappresenta nel suo "Roman einer Famiglie - Borgia" (Romanzo di una famiglia - I Borgia) Lucrezia come un'assassina gelida come il ghiaccio, assetata di potere e di soldi.
    Invece negli anni venti del secolo scorso uscì un dramma triviale dell'autore Ernst Alfred, intitolato "Lucrezia Borgia", nel quale troviamo la figlia del papa descritta come un angelo innocente, una bellezza indifesa che il mondo brutale degli uomini condanna ad una ingiusta disgrazia: ad ogni uomo la sua Lucrezia.
    L'interesse per l'erotismo e per la sessualità produce fino ai giorni nostri nuove versioni letterarie che si riferiscono alla leggenda dei Borgia. In questi libri, in cui Lucrezia Borgia occupa un posto centrale nella trama, la tematica è tutta riferita alla famiglia Borgia.
    Questi autori si dedicano alla vita privata del papa, che normalmente viene trascurato dalla ricerca degli storici, lasciando quindi via libera alla fantasia e alla reinvenzione dei poeti.
    La motivazione principale che portò molti scrittori a scegliere questa tematica, cioè l'intenzione di attaccare la Chiesa romana, cambiò nel corso del tempo spostando l'anticattolicesimo verso la polemica anticlericale.
    I Borgia sono rimasti fino ad oggi un soggetto ambito per la letteratura popolare pseudo-scientifica che come tema centrale riguarda la Chiesa. In questi libri papa Borgia è colui che, in quanto rappresentante della Chiesa e in quanto detentore del suo ministero, occupa un posto centrale, diventando la metafora del rapporto conflittuale con il papato. Per questa ragione ad Alessandro VI viene a mancare una propria identità storica e personale, visto che l'interesse degli autori si è concentrato sulla sua carica di papa, e non sulla ricerca di descriverne il carattere personale.
    I tre filoni letterari considerati non sono sufficienti per spiegare le ragioni che hanno indotto molti a scrivere sui Borgia, e a scrivere ancora oggi. Vi è comunque qualcosa di evidente: la letteratura non tratta la storia dei Borgia, ma la leggenda dei Borgia; tratta perciò di storielle della storia e, in primo luogo, riguarda gli scrittori stessi, i loro pensieri, i loro sentimenti e la loro storia personale.
    La verità sui Borgia non la troveremo con loro, ma può darsi che leggendo quei libri qualcosa che li riguarda e che ci affascina farà volare la nostra fantasia, in modo da inventare noi stessi altre storie sui Borgia.
    A conclusione si riporta una delle più belle poesie scritte sui Borgia, contenuta in un epitaffio del poeta spagnolo Gavlaro Fernando de Soria, che è stato inciso sulla pietra tombale di Cesare Borgia nel duomo di Viana.

    Aqui yade en poca tierra
    Al que toda la tenìa:
    El que la paz y la guerra
    En la su mano tenìa.
    Oh! tu que vas a buscar
    Cosas dignas de loar!
    Si tu loas lo mas digno,
    Aqui pare tu camino
    No cures de mas andar
    .

    Marion Hermann - Röttgen, Stuttgard
    xxx
     
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