Niccolò Machiavelli e "Il Principe"

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    pope
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    He also offered examples from contemporary Italy, spotlighting one figure in particular whose mentality and behaviour marked him out for a while as coming close to Principe greatness: Cesare Borgia, the warrior son of Pope Alexander VI.

    Machiavelli's observations of Cesare, contained in diplomatic reports of their meetings both at the zenith and the nadir of the young Borgias' comet-like career, are gold standard history.

    When in 1502 in a stroke of strategic daring, the young general takes the city of Urbino, Machiavelli and his boss are the first diplomats he entertains. Sitting together in the occupied ducal palace - a renaissance jewel even then - we see though Machiavelli's eyes Cesare's exhilaration, arrogance, intelligence and uncompromising ambition.

    They even argue about the best means of government - the Florentines managing to stick up for their republic when their host roundly trashes it. It is as if we are standing in the room listening to them.

    Then, less than 18 months later, we are with them again, in Rome this time, where the young Borgia is still recovering from the fever that has just killed his father, and his enemies are swarming like flies around the papal corpse.

    Once full of confidence and action, he is now distracted and indecisive. It is as if, as Machiavelli watches, that fierce strategic mind is over thrown by gross misfortune.

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    di Sarah Dunant
     
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  2. marie.
     
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    01_FILOSOFIA_gruppo600
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    30 agosto
    Massimo Cacciari racconta “Machiavelli e la filosofia politica”

    Il 30 Agosto il dvd con Repubblica =)

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    Awwwwwwwwww ..Cacciari non mi sta simpatico, ma non comprarlo mi pare uno spreco !
     
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  4. marie.
     
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    Io se prima lo sopportavo ora ho più problemi perché ultimamente è OVUNQUE, in collegamento con qualunque trasmissione ti venga in mente (il picco un mesetto fa), però finché parla di filosofia dovrebbe andare tutto bene... Spero XD
     
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    Più che altro a volte pensa di sapere la verità assoluta, forse è qualcosa dei filosofi, però tipo come sindaco di Venezia non è che abbia fatto chissà cosa.
     
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    pope
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    Fonti: 12
     
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  7. xcusemymonkey
     
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    Mussolini, Craxi, Berlusconi: Il Principe e lo specchio del potere
    Filippo Ceccarelli

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    Gli allor ne sfronda, d’accordo. Ed alle genti svela, non c’è dubbio. Ma tralasciando per un attimo le lacrime e il sangue, che pure non mancano in questa avvincente storia di biblio-politica, vale innanzi tutto prendere in esame la straordinaria coincidenza per cui nell’arco di quasi un secolo ben tre presidenti del Consiglio, o aspiranti tali, comunque tre autentici leader italiani, insomma Mussolini, Craxi e Berlusconi, si sono sentiti in dovere di scrivere di loro pugno, o almeno di firmare per interposto ghostwriter, una prefazione al Principe1.

    E la prima notazione che viene in mente, prosaicamente, a un giornalista politico, è che quegli scritti non hanno portato fortuna a nessuno dei tre. Come se il loro avventurarsi in quel testo gli fosse stato fatale. Di più, e anche peggio: come se l’aver ceduto alla tentazione di misurarsi con la scienza esatta del comando mischiando storia e attualità, passato e opportunità; come se il vezzo di presentarsi come statisti in grado di colloquiare con la grande anima di Niccolò Machiavelli, ecco, l’impressione che si ricava è che tali prove abbiano comportato per ciascuno dei tre capintesta uno speciale e personalizzatissimo castigo. Una specie di contrappasso legato proprio a ciò che nelle loro prefazioni si erano inorgogliti di sottolineare.

    (...)

    CITAZIONE
    Gli allor ne sfronda, d’accordo. Ed alle genti svela, non c’è dubbio. Ma tralasciando per un attimo le lacrime e il sangue, che pure non mancano in questa avvincente storia di biblio-politica, vale innanzi tutto prendere in esame la straordinaria coincidenza per cui nell’arco di quasi un secolo ben tre presidenti del Consiglio, o aspiranti tali, comunque tre autentici leader italiani, insomma Mussolini, Craxi e Berlusconi, si sono sentiti in dovere di scrivere di loro pugno, o almeno di firmare per interposto ghostwriter, una prefazione al Principe1.

    E la prima notazione che viene in mente, prosaicamente, a un giornalista politico, è che quegli scritti non hanno portato fortuna a nessuno dei tre. Come se il loro avventurarsi in quel testo gli fosse stato fatale. Di più, e anche peggio: come se l’aver ceduto alla tentazione di misurarsi con la scienza esatta del comando mischiando storia e attualità, passato e opportunità; come se il vezzo di presentarsi come statisti in grado di colloquiare con la grande anima di Niccolò Machiavelli, ecco, l’impressione che si ricava è che tali prove abbiano comportato per ciascuno dei tre capintesta uno speciale e personalizzatissimo castigo. Una specie di contrappasso legato proprio a ciò che nelle loro prefazioni si erano inorgogliti di sottolineare.

    (...)

    CITAZIONE
    Dopo di che, con qualche ragionevole superficialità, si può dire che per tanti anni il Principe uscì dall’orizzonte funzionale della politica. All’indomani del fascismo era salita al comando una classe dirigente di cattolici che di Machiavelli e della sua pedagogia diffidavano istintivamente, come sentendovi puzza di zolfo e/o di bruciato, comunque un supplemento demoniaco che andava ad aggiungersi ai normali guai che comportava il potere.

    (...)

    CITAZIONE
    Nel frattempo si era quasi bruciata l’esperienza di Bettino Craxi, il secondo illustre prefatore del Principe, un altro della triade di personalità le cui avventure politiche, partite da Milano, raggiungono il culmine e vengono degnamente celebrate a Roma, ma sempre nel capoluogo lombardo sono destinate inesorabilmente a ritornare, anche in questo percorso secondo una comune fatalità.

    Personaggio di passaggio e di cerniera assai più di quanto potesse sembrare ai suoi tempi, che furono gli anni Ottanta, Craxi era un leader moderno nel senso che certamente sapeva conquistare l’attenzione coltivando l’arte di sorprendere e in qualche modo anche quella, se necessario, di fare scandalo. Specie presso gli intellettuali di sinistra, che lui riteneva in massima parte influenzati dalla cultura del Partito comunista.

    Dotato di un forte temperamento, nel corso della sua presidenza aveva destato accuse, ironie e punzecchiature per certi suoi atteggiamenti bruschi e arroganti che nell’immaginario italiano ridestavano un tratto vagamente mussoliniano. Il principe dei vignettisti, ad esempio, Giorgio Forattini, lo raffigurava con la mascella pronunciata e gli stivali. All’inizio, sinceramente offeso nei suoi sentimenti familiari, che erano certamente antifascisti, Craxi provò a protestare ribellandosi a quella identificazione. In seguito, da più parti si ebbe la sensazione che non gl’importasse poi tanto; e infine che il paragone con la ‘buon’anima’, come lui stesso aveva preso a parlare di Mussolini, a suo modo addirittura lo solleticasse.

    Nell’estate del 1988, dopo quattro anni passati con un certo successo a Palazzo Chigi, il leader del PSI ebbe l’occasione di épater les communistes e non se la fece sfuggire. a fornirgliela fu il nuovo direttore di «Epoca!», Alberto Statera, che nel rilanciare il settimanale della Mondadori aveva aggiunto un punto esclamativo alla testata e messo in piedi una collana di classici della politica, «i libri del punto esclamativo», appunto, da accludere al giornale; e come prima uscita propose al segretario del PSI di introdurre il Principe.

    (...)

    CITAZIONE
    La presentazione di Berlusconi non occupa più di tre pagine e mezzo, in corsivo, e così inizi a: «Sono lieto di presentare agli amici più cari, nella ricorrenza delle festività di fine 1992, questa nuova edizione [...] per accompagnare i nostri messaggi d’amicizia e d’augurio».

    Da subito si comprende che il volume è pensato come uno speciale omaggio il cui valore risiede, secondo codici ampiamente affermatisi nel marketing, nell’implicita scelta del target cui il regalo è destinato. Non solo quindi gli «amici più cari», ma più precisamente quelli giudicati all’altezza del dono. Di qui le qualità costitutive del medesimo dono, il quale si connota per essere assai prestigioso nella sua esclusiva confezione e al tempo stesso, per via dello pseudo-Napoleone, anche sorprendente nei contenuti, e in questo combinato disposto pare di scorgere un anticipo del berlusconismo applicato a una politica che sempre più va affermandosi con altri e nuovi mezzi.

    Quanto al tema del potere, posto che le finalità pedagogiche dell’opera del Machiavelli potessero essere apprezzate dai destinatari, che in massima parte secondo Dell’Utri erano inserzionisti pubblicitari e clienti Publitalia, viene da pensare che l’offerta si proponesse anche di solleticare i più acuti e astuti con una specie di chiamata alle armi. Del resto era il tempo in cui, sollecitato a sintetizzare la sua vocazione, Berlusconi rispondeva di sentirsi «un suscitatore di entusiasmo», e pure in questo senso si può accogliere lo squillante congedo con cui l’ambizioso lettore, prefatore e donatore concludeva il suo scritto: «Buona lettura!».



    L'articolo intero è QUI


    Spero non fosse già presente e/o di aver sbagliato sezione!
     
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  8. marie.
     
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    nell’arco di quasi un secolo ben tre presidenti del Consiglio, o aspiranti tali, comunque tre autentici leader italiani, insomma Mussolini, Craxi e Berlusconi, si sono sentiti in dovere di scrivere di loro pugno, o almeno di firmare per interposto ghostwriter, una prefazione al Principe1.

    E la prima notazione che viene in mente, prosaicamente, a un giornalista politico, è che quegli scritti non hanno portato fortuna a nessuno dei tre. Come se il loro avventurarsi in quel testo gli fosse stato fatale. Di più, e anche peggio: come se l’aver ceduto alla tentazione di misurarsi con la scienza esatta del comando mischiando storia e attualità, passato e opportunità; come se il vezzo di presentarsi come statisti in grado di colloquiare con la grande anima di Niccolò Machiavelli, ecco, l’impressione che si ricava è che tali prove abbiano comportato per ciascuno dei tre capintesta uno speciale e personalizzatissimo castigo. Una specie di contrappasso legato proprio a ciò che nelle loro prefazioni si erano inorgogliti di sottolineare.

    Non sono del tutto d'accordo. Secondo me Mussolini in qualche suo fanatico modo, e anche Craxi in modo magari malinteso, hanno creduto di interpretare e applicare le "teorie" del Principe. Riguardo a Berlusconi, sarò ridondante, non credo che sia un politico né uno statista, non credo che abbia mai non dico letto ma nemmeno aperto Il Principe (per sua ammissione non ha praticamente mai letto nulla a parte L'elogio della follia) e a dirla tutta non credo nemmeno che Il Principe gli abbia portato sfortuna: sarebbe come dire che decadrà e scomparirà dalla scena politica, cosa a cui non crederò finché la non la vedo XD

    Più in generale, secondo me i "pezzi grossi" della politica smaniano di confrontarsi con Machiavelli per vanità, perché vogliono far vedere che possono, perché è cool (per usare un nuovo termine applicato alla politica di questi tempi XD) e perché fa quasi curriculum; della serie se non citi - o introduci, in questo caso - Machiavelli non sei nessuno.
     
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  9. xcusemymonkey
     
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    Sì, guarda, a rischio di suonare banale, non posso che darti ragione. Nel senso che, nei primi due, possiamo almeno ravvisare una voglia di emulazione o comunque sia di richiamo ad una teoria politica che ha fatto e continua a fare scuola, per quanto riguarda B. credo che sì nel suo caso sia stato perché è cool.
     
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    Machiavelli e Furia, l'epigramma inedito dedicato al cane

    "Non di Menalo nacqui nè gioghi alti,/ ma nella bella e gloriosa Etruria;/ Melampo il nome mio non fu, ma Furia:/ le lepri vinsi al corso, i cervi à salti". E' l'epigramma inedito attribuito a Niccolò Machiavelli e scritto in memoria di un cagnolino, Furia, appartenente al banchiere Leonardo Strozzi che firma i successivi epigrammi. L'inedito è stato scoperto dallo studioso Alessio Decaria, ricercatore dell'Università di Siena, in un manoscritto della prima metà del XVI secolo custodito alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. L'annuncio del ritrovamento è stato dato dal professore Riccardo Bruscagli dell'Università di Firenze, precisando che l'epigramma attribuito per la prima volta allo scrittore e storico fiorentino è avvenuto durante le ricerche per la mostra "La via al Principe: Niccolò Machiavelli da Firenze a San Casciano", ospitata alla Biblioteca Nazionale Centrale dal 10 dicembre al 28 febbraio 2014

    repubblica firenze
     
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    La nuova moda è Renzi=Machiavelli, ecco qualche articolo:

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    Matteo Renzi, erede di Machiavelli, rischia la fine della giraffa danese


    La stampa tedesca elogia il premier designato Ma la Frankfurter Allgemeine lo mette in guardia dai compagni di partito: potrebbero massacrarlo come la giraffa nello zoo di Copenhagen e data in pasto ai leoni

    Matteo Renzi degno erede di Machiavelli. Così la Sueddeutsche Zeitung definisce il futuro premier italiano. «In modo molto freddo Matteo Renzi ha buttato giù dalla poltrona l'amico di partito Enrico Letta.
    Il premier designato è molto diverso dal suo predecessore: giovane, carismatico e fattivo», scrive la Sueddeutsche Zeitung, parlando della «voglia di potere» del sindaco di Firenze che voleva rottamare la vecchia guardia.

    Rispetto al contegno di Letta, Renzi ha «il doppio del carisma», e «sa entusiasmare la gente» ma dal punto di vista dei contenuti, secondo il giornale bavarese, Renzi non farà cose molto diverse dal suo predecessore e «l'Europa può contare sul fatto che metterà in discussione il limite del 3% del nuovo indebitamento».

    La Frankfurter Allgemeine Zeitung invece mette in guardia il sindaco di Firenze: potrebbe essere «la prossima giraffa» che verrà fatta fuori nel Pd, scrive il giornale di Francoforte, evocando il massacro dello zoo danese che ha fatto il giro del mondo nei giorni scorsi.

    Per Spiegel, che titola «il Tony Blair d'Italia», citando i diversi appellativi con cui è stato presentato Renzi dalla stampa italiana nelle ultime ore, adesso tutto diventa «diverso, colorato, dinamico, forse addirittura rivoluzionario».

    «Letta libera la strada a Renzi. Il come back di Berlusconi potrebbe riuscire», è infine il titolo di die Welt, che torna sui timori espressi ieri dalla Bild su una situazione che aprirebbe opportunità al Cavaliere.

    (fonte Ansa)

    L'espresso

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    RENZI "IL MAGNIFICO" E L'INSEGNAMENTO DI MACHIAVELLI, CARO A MUSSOLINI, CRAXI E BERLUSCONI
    See more at: http://www.in20righe.it/politica/3597-renz...h.Nt8gdhuO.dpuf

    CITAZIONE
    Perchè Renzi-Machiavelli, che ha conquistato il Pd, piace anche alla destra?

    gadlerner.it
     
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  12. marie.
     
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    Curzio Maltese sul Venerdi di Repubblica
     
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    pope
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    Per fornirne una esemplificazione testuale, si prendano le famose pagine del VII capitolo del Principe, dedicato alle vicende di Cesare Borgia.
    Esso si apre, come diversi altri brani machiavelliani, su una doppia possibilità alternativa - quella tra coloro che acquistano il dominio di un dato territorio per virtù e coloro che lo acquisiscono per fortuna. Machiavelli, comeè caratteristico del suo metodo, tende a intrecciare tra loro le due tipologie. Il caso di Cesare Borgia, infatti, per quanto riconducibile all' ambito della fortuna per il ruolo giocato dal padre, il papa Alessandro VI, vede il Valentino mettere in campo una straordinaria virtù politica, naturalmente nel senso laico e spregiudicato che Machiavelli conferiva a questa parola. Cesare fece tutto ciò che dipendeva da lui per fondare e consolidare il proprio potere - un insieme di decisioni politiche, di opzioni strategiche, di azioni energiche quanto delittuose. E tuttavia ciò non gli bastò. Giunto all' apice del successo, egli è colpito, e distrutto, da quella stessa contingenza che ne aveva favorito la crescita impetuosa. Ma l' elemento che in questo caso appare ancora più nuovo, rispetto a ricostruzioni più classiche, è il fatto che gli eventi che mutano catastroficamente i rapporti di forza a sfavore del Valentino si riferiscano soprattutto alla sfera della vita biologica e del suo rovescio mortale. A far perdere Cesare Borgia, nonostante la sua straordinaria virtù politica, è prima la morte del padre e poi la sua stessa malattia. In tutta la seconda parte del capitolo Machiavelli insiste con la massima intensità su questo scenario "biopolitico": la «brevità della vita di Alessandro e la malattia» del Valentino occupano interamente la scena, imponendosi su tutti gli altri elementi del quadro. Ciò che Machiavelli sottolineaè l' intreccio - appunto sfortunato - tra i due accadimenti. Se papa non fosse morto mentre il figlio si ammalava; o se Cesare fosse stato in buona salute alla morte del padre, si sarebbe potuto salvare. Ciò che lo condanna è la simultaneità dei due fatti. L' uno viene a caricare di un peso insostenibile l' altro. La vita - e la morte - dell' uno determina la vita e la morte dell' altro. Mai, prima di Machiavelli, questi termini - vita, morte, salute, malattia - erano penetrati con tanta forza nel lessico della politica. Mai prima di allora la politica era stata saldata con un nodo altrettanto stretto alla biologia. Perciò tutto il lessico di Machiavelli è pervaso da metafore, termini, immagini biologiche e mediche. Non solo il destino degli uomini politici, ma anche quello degli Stati è legato alle vicende, agli umorie alle peripezie del corpo.

    tutto qui: PERCHÉ LA POLITICA È VITA (E VICEVERSA)
     
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    Audiobook dove, ragazze, c'è un bellissimo LOURENZO DE MEDìììììCI.

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  15. Davide Stefani
     
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    qui c'è il PDF...sono 102 pagine,poche ai giorni d'oggi, ma intense come la trilogia del signore degli anelli eharry potter messi insieme...senza contare che è scritto come si soleva all'ora...
    www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_4/t324.pdf
     
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