Vannozza Cattanei

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    Grazie tessor, è carina =)
     
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  2. lucrezia97
     
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    vero ♡
     
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  3. lucrezia97
     
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    CITAZIONE
    Vannozza ha una bellezza voluttuosa da popolana, probabilmente affinatasi col tempo, da come appare nel ritratto di Innocenzo Francucci e nell'Annunziata che il Pinturicchio immortalerà per l'appartamento apostolico in Vaticano. Non possiede alcuna delle doti culturali e mondane della classe patrizia, prelatizia e cortigiana, ma ha piuttosto una vitalità che le permette di mettersi in mostra nel locale, che assolve la funzione di osteria al livello stradale ma offre camere in affitto a ore al piano superiore. Il posto è frequentato da nobili, prelati e sacerdoti, in compagnia di cortigiane, che sono clienti con i quali è portata a chiacchierare, cosi chè quelli entrano in familiarità con lei. Certo, l'aspetto popolano non le viene meno, accesciuto dal parlare semplice da autentica romana, in linea con la piazza antistante al locale, su cui si affacciano alberghi e osterie, case di cortigiane e commercianti. E' per questo suo modo di fare che il popolo ha soprannominato il locale ''Locanda della Vacca'', qualifica apparentemente dispregiativa nei confronti di Vannozza, ma che piuttosto vuole esaltare la sua popolana familiarità e non solo nelle proposte del mangiare ma anche nel rapporto grossolano con i clienti.

    Le Papesse, Carlo Rendina
     
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    pope
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    Grazie :3 bello Rendinuccio nostro!
     
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  5. lucrezia97
     
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    Quel libro è una specie di panacea.
     
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    Pensavo di aver postato questo articolo ma non lo trovo più:

    CITAZIONE
    Sulle tracce di Vannozza l' amante del cardinale Borgia

    Si chiama Vannozza Cattanei ed è l' amante del cardinale Rodrigo Borgia. E' molto bella, come appare nel ritratto di Innocenzo Francucci e nell' Annunziata del Pinturicchio del Palazzo Apostolico. Rodrigo la prende come compagna dal 1466, quando lei ha 24 anni, ma non la fa abitare alla Cancelleria, dove svolge la carica di vicecancelliere, perché non vuole pubblicizzare troppo la relazione. Per questo le compera un palazzetto al civico 58 di via del Pellegrino, ancora in piedi oggi; ha le finestre decorate da una stella, un giglio e un leone rampante con un ramo di pere, lo stemma dei Peretti, ai quali Vannozza lo venderà nel 1482. E quando resta incinta la fa sposare con un certo Domenico Arignano, proprio per offrirle una parvenza di moglie onorata. I coniugi si stabiliscono in via del Pellegrino, ma siccome Rodrigo diventa cardinale commendatario di Subiaco Vannozza si sposta in quel paese, vivendo con il porporato nella rocca abbaziale. E così a Subiaco nascono Cesare, nel 1474, Juan nel 1479 e Lucrezia nel 1480, l' anno stesso del secondo matrimonio di Vannozza con Giorgio della Croce, che prende il posto del defunto Arignano; ma questi muore l' anno dopo, quando nasce l' ultimo figlio, Jofré. E lei si sposa una terza volta nel 1482 con il nobile milanese Carlo Canale e va a vivere in una casa di piazza Branca, scomparsa, con la stessa piazza, quando sorgerà largo Arenula. Il Borgia nel 1492 è papa Alessandro VI e finisce la sua relazione con Vannozza. Che diventa imprenditrice; acquista per 2.870 ducati un palazzetto su Campo de' Fiori, all' angolo tra vicolo del Gallo e via dei Cappellari, e ci installa una locanda, che il popolo chiamerà "della Vacca", soprannome dispregiativo nei confronti di Vannozza. Sulla chiave dell' arco del portoncino è lo stemma; vi sono raffigurati, in alto a sinistra, un toro e, in basso a destra, sei fasce chiare e scure, arme del Borgia, che gliel' ha concesso; in alto a destra e in basso a sinistra, un leone rampante (arme inventato dei Cattanei) e un leone uscente (arme di Carlo Canale) oltre ad un compasso di riferimento oscuro. Nel 1514 il palazzetto viene ristrutturato da Sebastiano Pellegrini di Como, ma Vannozza lo lascerà in parti uguali all' ospedale della Consolazione e alla Compagnia del Salvatore. Vannozza muore nel 1518 e viene sepolta nella seconda cappella a sinistra di Santa Maria del Popolo con il figlio Juan, che era stato assassinato nel 1497 dal fratello Cesare. Ma le loro tombe non sono più identificabili; Alessandro VII s' impossesserà della cappella, divenuta proprietà Chigi, e le tombe finiranno negli scantinati insieme ad altri materiali di scarto. Di qui verrà prelevata la lapide per i nuovi pavimenti della basilica di San Marco, incastrata a rovescio; così è ritrovata nel 1948 durante i lavori di restauro del pavimento. Tolta di lì, viene murata nell' atrio della stessa basilica sulla parete destra, dove è ancora visibile.
    CLAUDIO RENDINA

    repubblica
     
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    Stavo scrivendo una risposta su Vannozza per il tumblog e le mie fonti (la solita treccani, ovvio), mi hanno fatto scoprire cose assai graziose, ad esempio che suo marito Carlo Canale venne chiamato (lapsus?) "Carlo Cattanei":
    CITAZIONE
    Nello stesso 1494 il C. fu anche nominato soldano di Tordinona, ossia "custode delle carceri della Curia della Camera apostolica", una carica che lo introduceva ufficialmente nella corte pontificia, anche per via del compito ad essa connesso di precedere il papa nelle cavalcate per distribuire le elemosine al popolo. Il motivo di questa camera, in verità alquanto modesta ma certo anche perfettamente adeguata alle ambizioni di quel povero faccendiere di cardinali che il C. era sempre stato, è rivelato gustosamente da un lapsus ricorrente nel breve di nomina che gli attribuisce il cognome della moglie. Un lapsus, non si sa quanto involontario, che scopre una convinzione certamente assai ben radicata negli ambienti della Curia. Di questa convinzione era partecipe del resto onestamente lo stesso C. che in una lettera del 1493 si firmò "Carolus de Cattaneis".[...]
    Dalla moglie ricchissima il C. dovette essere associato in una certa misura agli affari di ogni sorta ai quali ella si dedicava. Si sa, ad esempio, che una volta chiese al papa l'esenzione dal dazio per il vino occorrente all'Hostaria della Vacca di proprietà della moglie. Ma se associazione ci fu, la proprietà dei beni mobili ed immobili come pure il controllo delle rendite restò saldamente nelle mani di Vannozza. Una sola casa con vigna, sita presso la chiesa di S. Pietro in Vincoli, risulta sia stata comprata in comune nel 1493 per 600 ducati.

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    E poi ci sono i suoi appassionanti investimenti immobiliari: Scajola, guarda e impara!
    CITAZIONE
    Nel 1469 aveva acquistato per 500 ducati, dei quali 310 provenivano dalla sua dote, una casa in via del Pellegrino che abitò per molti anni. Nel 1472 acquistò la casa di fronte e nel 1493 per 600 ducati, assieme al marito Carlo Canale, la casa con vigna nella quale tenne il famoso convito del 1497. Si ha notizia poi di altri suoi immobili a S. Stefano in Piscinula nel rione Parione e a Pizzo di Merlo: case con botteghe affittate ad artigiani e gente minuta di ogni sorta, alcune persino a prostitute di infimo rango. Aveva anche case in affitto che subaffittava per lucrare la differenza del prezzo. L'attività più redditizia alla quale si dedicò era però quella alberghiera. Nel 1483 prese in affitto, insieme con il marito Giorgio della Croce, per subaffittarla, la locanda del Leone grande, in Campo di Fiori,che restaurò a sue spese nel 1500. Nello stesso anno mise le mani anche sulla locanda annessa del Leone piccolo, con un contratto che fu rinnovato nel 1501, nel 1509 e nel 1517. Nella via di Tor di Nona aveva la locanda del Biscione e ancora in Campo di Fiori quella della Fontana e quella della Vacca. Nel 1500 comprò per 1370 ducati la metà di quest'ultima e nel 1509 l'altra metà per 1500 ducati. Era una delle migliori locande di Roma e doveva rendere molto, se la C. si decise a farla ricostruire o restaurare nel 1514 da un Sebastiano Pellegrini. I lavori si protrassero fino al 1517 e costarono parecchio alla C., che pagò solo una parte in contanti e il resto con perle, gioie, argenti e grano. Questa singolare forma di pagamento rinvia a un'altra delle sue tante attività economiche, e certamente non quella meno redditizia: l'usura. Che prestasse denaro ad interesse contro pegni è attestato da una lista di oggetti preziosi in suo possesso con l'annotazione "la scritta delle cose che sono in pegno". Il giro complessivo dei suoi affari doveva essere considerevole, tanto da richiedere l'assunzione almeno negli ultimi anni di un fattore: in un atto del 1515 resta traccia di un suo "factor et negotiorum gestor",certo Raniero Torta.

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21 replies since 16/4/2011, 18:06   3543 views
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