Pico della Mirandola

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    CITAZIONE

    LA VITA

    Giovanni Pico della Mirandola nacque da famiglia principesca nel castello dei signori di Mirandola e Concordia il 24 febbraio 1463. Rivelò precocemente una straordinaria capacità di apprendere, che gli diede come un' ansia tumultuosa di abbracciare tutto il conoscibile per conquistare la verità. Studiò diritto canonico a Bologna nel 1477-78, si recò a Ferrara nel '79, poi a Padova dove frequentò quello Studio nel 1480-82, e l' anno seguente a Pavia. Nel 1484 è a Firenze, dove stringe rapporti di amicizia con Lorenzo de Medici, col Poliziano e con Marsilio Ficino. Passando dal clima della filosofia scolastica, aristotelica e avverroistica di Padova, a quello della filosofia platonica instaurato dal Ficino a Firenze e di qui radiantesi per l' Italia e per l'Europa, Pico non si pone il problema della scelta tra le due filosofie, ma piuttosto quello di una loro possibile conciliazione. Insofferente delle eleganze stilistiche del latino nell'uso degli umanisti italiani, nell'85 lascia Firenze per andare a familiarizzarsi a Parigi con lo stile aspro dei filosofi e teologi della Sorbona, ma l' anno appresso è di nuovo a Firenze con un immenso, anche se ancora incomposto, corredo di cognizioni sul pensiero filosofico e teologico non solo della tradizione cristiana, ma dei Greci, Latini, Ebrei- dei quali in particolar modo gli apparvero rivelatori i libri cabalistici -, Caldei, Egizi. Pico ha la convinzione di scoprire che, sotto un' apparente diversità di manifestazioni di pensiero di popoli diversi e lontani fra loro, si cela un senso unico che attesta la dignità dell' uomo e il suo valore predominante nell' universo, l' amore universale che lega le creature fra di loro e le creature a Dio, l' immensa varietà delle cose in tutto il creato come segni della parola di Dio. A 23 anni gli pare di poter trarre il frutto delle sue meditazioni nella proposta di novecento tesi da discutere in un convegno di dotti da radunare a sue spese a Roma il 7 gennaio 1487. Ma il convegno non potrà aver luogo perchè la pubblicazione della sua tesi provoca la condanna da parte di una commissione di teologi e di giuristi, che le giudica eretiche,e l' apertura di un processo a carico di Pico. L'atto di sottomissione che fece il 31 luglio dell' 87 non gli lasciò tranquilla la coscienza, si ribellò apertamente e, per sfuggire alla cattura, lasciò Roma, mettendosi in viaggio per la Francia. Il suo arresto quando era già in territorio francese, vicino a Lione, suscitò clamorose proteste a Parigi, anche alla Sorbona, e Pico fu liberato con l' obbligo di lasciare il suolo francese nell' estate del 1488. Se ne tornò a Firenze, accettando l' invito di Lorenzo, che si adoperò inutilmente fino agli ultimi giorni della sua vita a fargli ottenere il perdono da Innocenzo VIII. L' assoluzione dall'eresia gli verrà da Alessandro VI il 18 giugno 1493. Vivrà ancora poco più di un anno (morì il 17 novembre 1494), dedito agli studi e a pratiche religiose col conforto e l' amicizia del Savonarola. Di non grande rilievo quel poco che Pico scrisse in volgare: dei sonetti e un commento in prosa a una canzone dottrinale di Girolamo Benivieni sull'amore divino, ispirata alle teorie di Marsilio Ficino. Il momento più fervido delle sue meditazioni filosofiche e teologiche è consacrato nell'orazione 'De Hominis Dignitate' che Pico avrebbe dovuto pronunziare al convegno dei dotti del 7 gennaio 1487, e che fu stampata solo dopo la sua morte. La dignità dell' uomo, dominatore della natura e responsabile del suo destino, vi è affermata con trasporto lirico sorretto dalla profonda e meditata convinzione che nella storia umana di tutti i popoli si attua uno sforzo d'amore che conduce verso la luce divina. Una risposta fortemente polemica all'accusa di eresia è l' 'Apologia', composta e divulgata prima della fuga verso la Francia. Del 1489 è l' 'Heptaplus', dedicato a Lorenzo, nel quale interpreta il Genesi col metodo cabalistico, che rivelerebbe l' esistenza dell' universo di quattro mondi: il mondo intellettuale che è di Dio e degli angeli, il mondo celeste che è quello delle sfere, il mondo sublunare che è degli elementi, e finalmente il mondo dell' uomo che partecipa di tutti e tre i mondi precedenti e che è simile a Dio perché anche l' uomo ha facoltà creatrici. Di un' opera di grande impegno che doveva dimostrare la concordia sostanziale dei sistemi filosofici diversi, pubblicò soltanto il libro De ente et uno dedicato al Poliziano (1491). Fra le opere a cui attendeva, e che la morte gli impedì di condurre a termine, fu ritrovata fra le sue carte un' ampia trattazione in dodici libri , De astrologia, in cui si dimostra l' inconsistenza scientifica delle divinazioni del futuro fondate sul corso degli astri.

    IL PENSIERO

    Giovanni Pico della Mirandola inizia propriamente i suoi studi filosofici nelle università di Bologna , Ferrara e Padova . Qui egli si convince della validità della tradizione scolastica e della sua conciliabilità con gli orientamenti filosofici successivi . Ciò lo conduce al dissenso nei confronti di alcune tendenze artificiosamente esasperate della filologia umanistica . E' il caso della polemica con Ermolao Barbaro ( 1453-1493 ) , duramente critico verso i filosofi della tarda Scolastica a causa del loro linguaggio astrusamente tecnico , che rappresenta una degenerazione del latino classico . All'umanista veneto Pico ribatte che al di là della forma , la quale sola pare interessare ad Ermolao , occorre guardare ai contenuti del discorso filosofico , che valgono indipendentemente dall'espressione letteraria e non sono attaccabili dalla critica filologica : Pico scrive un' epistola all' amico-avversario Ermolao per rivendicare la nobiltà della ricerca filosofica : la contrapposizione tra retorica e filosofia é contrapposizione tra " lingua " e " cuore " ; Pico immagina che siano quegli stessi filosofi ritenuti barbari da molti umanisti a parlare in propria difesa . L' idea della conciliabilità e della continuità tra i diversi orientamenti di pensiero matura ulteriormente in Pico dopo il periodo di studi a Parigi . Nasce così l' intento di realizzare una concordia filosofica , all' interno della quale ciascuna tradizione speculativa può essere considerata come depositaria di una parte di verità . Il grande progetto culturale di Pico avrebbe dovuto concretizzarsi in una sorta di " congresso " nel quale intellettuali di ogni formazione e provenienza si sarebbero confrontati in un dibattito su 900 tesi (cioè brevi proposizioni riassuntive ) che egli stesso aveva catalogato desumendole dalle filosofie di cui era a conoscenza . Il progetto non ebbe realizzazione pratica , poichè alcune proposizioni , sulle quali gravavano forti sospetti di eresia , imponevano maggiori cautele . Pico comunque sviluppò autonomamente gli argomenti proposti nelle 900 tesi , ma i risultati di questo lavoro videro la luce soltanto nelle 'Conclusiones' apparse dopo la morte del loro autore . Durante la vita di Pico , il quale finì poi per stabilirsi definitivamente a Firenze dove si mantenne in stretto contatto con l' ambiente ficiniano dell' Accademia platonica , fu invece pubblicata l' Orazione sulla dignità dell' uomo , che avrebbe dovuto fungere da introduzione al dibattito progettato . Qui vengono celebrate le capacità di autodeterminazione dell' uomo , cioè quelle facoltà intellettuali che lo conducono a scegliere liberamente tra più o meno nobili generi di vita ; ma dell' Orazione parleremo in seguito . Del resto , il progetto di sintesi filosofica di Pico della Mirandola vuol essere un' esaltazione della potenza intellettuale umana , considerata nel dispiegarsi delle sue manifestazioni storiche . Mentre Ficino aveva tracciato le linee di una storia del progresso intellettuale garantita dal concorso , con pari dignità , di rivelazione e filosofia , Pico intende porre in rilievo come l' avanzamento culturale dell' umanità sia reso possibile dal continuo succedersi di scuole di pensiero che , nelle loro differenze , non si contraddicono , ma si integrano l' una con l' altra . Su questo fondamento , che nulla toglie al valore della rivelazione , si realizza la pace filosofica alla quale l' umanità deve aspirare . Sempre nella prospettiva della capacità dell' uomo di autodeterminarsi , Pico opera una netta distinzione tra magia e astrologia , che la cultura del tempo tendeva ad accomunare in unico giudizio positivo . Nel pensiero rinascimentale , come ad esempio in Ficino , le due pratiche sono considerate non già manifestazioni di superstizione , ma tecniche pienamente legittime , rivolte o allo studio dell' ordine naturale ( nel caso dell' astrologia ) o alla realizzazione del dominio dell' uomo sulla natura ( nel caso della magia ) . Pico , invece , reputa l' astrologia una dottrina che limita pericolosamente la libertà dell' uomo , ricercando le cause del suo agire in fattori indipendenti dalla volontà umana : se gli astri determinano l' uomo , ossia se esercitano su di lui una grande influenza , l' uomo perde così la possibilità di autodeterminarsi , in altri termini perde il libero arbitrio . Al contrario , la magia intesa tradizionalmente come capacità di controllo della natura da parte dell' uomo , non inficia minimamente le capacità di autodeterminazione dell' essere umano e può quindi essere pienamente giustificata . Allo stesso modo , come tecnica per indagare il significato recondito della Sacra Scrittura , é legittima la cabala , cioè l' antica dottrina esoterica ebraica che , stabilendo una corrispondenza tra lettere e numeri , consentirebbe di passare da una composizione in lettere di un testo scritturale a una composizione numerica , e poi da questa a una nuova composizione in lettere nella quale risiederebbe il significato occulto . Oltre che per la diversa valutazione di astrologia e magia , Pico della Mirandola si differenzia da Ficino anche perchè rivela una grande attenzione all' oggettività della ricostruzione storico-filosofica . L' acribia era infatti del tutto assente nella tradizione ficiniana della perenne catena di rivelazione e filosofia , la quale più che a restituire la verità ai fatti badava a dimostrare la tesi della conciliabilità tra platonismo e filosofia . Viceversa , una più precisa consapevolezza storica e una più fedele analisi della dottrina platonica rivelano a Pico l' impossibilità di essere un vero platonico rimanendo nel contempo un buon cristiano . Questo atteggiamento di Pico si manifesta chiaramente nel diverso modo in cui egli concepisce la dottrina platonica dell' amore . Nel " Commento alla Canzone d' amore di Girolamo Benivieni " , prima alludendo genericamente ad " alcuni platonici del suo tempo , poi riferendosi esplicitamente a Ficino , Pico contesta la pretesa di parlare " platonicamente " del Dio cristiano . Se si vuole essere fedeli a Platone occorre concepire l' amore come desiderio di bellezza , come desiderio di ciò di cui si manca . Ma la divinità , se può essere oggetto d' amore , non può esserne soggetto , poichè essa non é manchevole di nulla : viene così a cadere la reciprocità amorosa tra Creatore e creatura ammessa da Ficino . Per di più non é neppure possibile riferire alla divinità l' attributo della bellezza ; infatti , la bellezza non é che armonia , la quale a sua volta risulta dalla consonanza di più parti differenti . Un cristiano non può nè riconoscere una manchevolezza nel suo Dio , nè attribuirgli una natura composta di parti , anzichè assolutamente semplice e unitaria : non é dunque possibile essere insieme cristiani e platonici . Se la conciliazione e l' integrazione tra filosofia ( platonica ) e religione costituivano uno dei nuclei fondamentali del pensiero di Ficino , per Pico della Mirandola viceversa un Platone cristianizzato é un Platone travisato e un cristianesimo platonizzante é un cristianesimo contradditorio : mentre é possibile realizzare la concordia tra le diverse filosofie , si rivela insuperabile il divario tra filosofia e religione.

    ORATIO DE HOMINIS DIGNITATE

    Pico della Mirandola , indubbiamente uno degli ingegni più vivaci dell' Accademia platonica , dotato di una cultura immensa e disordinata e di una memoria divenuta proverbiale , riecheggia nell' orazione " de hominis dignitate " gli argomenti già in parte trattati dall' umanista Giannozzo Manetti , tuttavia con quella consapevolezza di natura teoretica che difettava nello scrittore precedente . Pico esalta l' uomo per una delle sue caratteristiche specifiche , il libero arbitrio , la libertà di innalzarsi sino a Dio oppure discendere sino ai bruti . Tale libertà gli é assicurata dal fatto che il Creatore provvide all' uomo sul finire dell' opera creativa , e lo pose perciò nel " centro indistinto " dell' universo , unico essere a cui fosse concesse di determinare da se stesso il proprio destino . Pare opportuno osservare che osservazioni come quelle dell' Oratio de hominis dignitate , sebbene ispirate ad una religiosità piuttosto astratta e generica , tale che permette la citazione così della Bibbia , come del Timeo e del Corano , non potevano neppure immaginarsi senza l' esperienza cristiana . Certe concise e solenni affermazioni degli umanisti sono incomprensibili senza la parola nuova del Vangelo : l' esaltazione dell' uomo é troppo più alta di quello che fosse possibile ai pagani . Interessante é l' epiteto che Pico attribuisce a Dio , chiamandolo " architectus " , che risulta molto simile a quello usato da Platone a riguardo dal Demiurgo , " che sempre geometrizza " . L' uomo non é stato fatto nè mortale nè immortale , nè celeste nè terreno perchè lui stesso possa scegliere la forma che gli é più cara , quasi come se " libero e sovrano artefice " del suo destino . Non sarebbe stato degno di Dio all' ultimo del generare , quasi per esaurimento venir meno : e così egli diede il meglio di sè creando l' uomo , decidendo che a lui non poteva essere dato nulla di proprio e che quindi gli fosse comune tutto ciò che alle singole creature era stato dato di particolare . Ecco qui il testo dell' orazione :

    Già il sommo Padre, già l'architetto divino aveva costruito, con le leggi della sua arcana sapienza, questa dimora terrena, questo tempio augustissimo della divinità, che è il nostro mondo. Già aveva posto gli spiriti ad ornamento della regione superna; già aveva seminato di anime immortali i globi eterei e riempito di ogni genere di animali le impure e lercie parti del mondo inferiore. Ma compiuta la sua opera, l'artefice divino vide che mancava qualcuno che considerasse il significato di così tanto lavoro, ne amasse la bellezza, ne ammirasse la grandezza. Avendo, quindi, terminata la sua opera, pensò da ultimo - come attestano Mosè e Timeo- di produrre l'uomo. [...] Ormai tutto era pieno, tutto era stato occupato negli ordini più alti, nei medii e negl'infimi. [...] Stabilì, dunque, il sommo Artefice, dato che non poteva dargli nulla in proprio, che avesse in comune ciò che era stato dato in particolare ai singoli. Prese pertanto l'uomo, fattura priva di un'immagine precisa e, postolo in mezzo al mondo, così parlò: «Adamo, non ti diedi una stabile dimora, né un'immagine propria, né alcuna peculiare prerogativa, perché tu devi avere e possedere secondo il tuo voto e la tua volontà quella dimora, quell'immagine, quella prerogativa che avrai scelto da te stesso. Una volta definita la natura alle restanti cose, sarà pure contenuta entro prescritte leggi. Ma tu senz'essere costretto da nessuna limitazione, potrai determinarla da te medesimo, secondo quell'arbitrio che ho posto nelle tue mani. Ti ho collocato al centro del mondo perché potessi così contemplare più comodamente tutto quanto è nel mondo. Non ti ho fatto del tutto né celeste né terreno, né mortale, né immortale perché tu possa plasmarti, libero artefice di te stesso, conforme a quel modello che ti sembrerà migliore. Potrai degenerare sino alle cose inferiori, i bruti, e potrai rigenerarti, se vuoi, sino alle creature superne, alle divine.» O somma liberalità di Dio Padre, somma e ammirabile felicità dell'uomo! Al quale è dato di poter avere ciò che desidera, ed essere ciò che vuole. I bruti nascendo, assorbono dal seno materno ciò che possederanno. Gli spiriti superiori furono invece, sin dall'origine, o poco di poi, ciò che saranno eternamente. Il Padre infuse all'uomo, sin dalla nascita, ogni specie di semi e ogni germe di vita. Quali di questi saranno da lui coltivati cresceranno e daranno i loro frutti: se i vegetali, sarà come pianta, se i sensuali, diventerà simile a un bruto, se i razionali, da animale si trasformerà in celeste; se gl'intellettuali, diverrà angelo e figlio di Dio. E se di nessuna creatura rimarrà pago, rientrerà nel centro della sua unità, e lo spirito, fatto uno con Dio, verrà assunto nell'umbratile solitudine del Padre che s'aderge sempre al di sopra di ogni cosa. Chi ammira questo nostro camaleonte, o, anzi chi altri può ammirare di più?

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    Pico l'ho sempre visto bruttino xD

    Edited by florentineangel - 17/9/2017, 16:25
     
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    No ma intendo proprio l'avvenenza fisica, tant'è che al liceo mi ero fatta una sorta di mito di Pico della Mirandola genio, poliglotta e prince charming che poi si è infranta di fronte al suo ritratto. Comunque pazienza ecco! xD

    Poliziano lo "perdoniamo" perché ha scritto dei versi così belli. Mi piace moltissimo Ben venga maggio, è così musicale che mi viene da ballare leggendola xD
     
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    PICO2

    CITAZIONE
    E’ stato presentato oggi nella chiesa di San Marco il volto di Pico della Mirandola ricostruito dal professor Francesco Mallegni, Ordinario di Antropologia presso L’Università di Pisa.
    La ricostruzione è avvenuta grazie all’utilizzo del “metodo di Manchester” che permette uno studio minuzioso delle superfici ossee e delle inserzioni muscolari partendo proprio dal cranio. Il professore ha fatto un calco in gesso dell’originale ricostruendo le parti molli.
    “L’uso del computer non è stato preso in considerazione – ha dichiarato il professor Mallegni - in quanto ci si è accorti che non riesce ad utilizzare tutti i dati che lo studioso vede ad occhio nudo.”
    Il bellissimo volto ottenuto è stato poi confrontato per sovrapposizione con il ritratto di profilo del dipinto più conosciuto di Pico a cui poi ci si è ispirati per la capigliatura ed il copricapo. I due profili, tolto qualche particolare, sono assai vicini.
    Manca un dipinto di fronte del filosofo per adire alla stessa operazione fatta sul dipinto di profilo. Il filosofo secondo quanto scoperto dall’analisi dei resti, fu avvelenato come il Poliziano.
    Una rosa di nomi era stata fatta in passato dagli studiosi sugli autori materiali dell’avvelenamento. Oggi, in conferenza stampa, in seguito al ritrovamento di un importante documento, sono certi di individuare il mandante in Marsilio Ficino, accusato di negromanzia proprio dal filosofo Pico della Mirandola.
    Il prossimo passo del Professor Mallegni e della sua equipe sarà quella di ridare un volto al Poliziano, al momento si sta indagando con RIS di Parma sul suo dna per scoprire se davvero soffrisse di sifilide.
    In un futuro prossimo è stata avvallata persino l’ipotesi di riesumare i resti mortali di Leonardo Da Vinci ad Amboite in Francia. In maggio sarà edito dalla Rizzoli un volume sulla vicenda oscura di Pico e Poliziano.

    x

    Io mi riferivo all'analoga ricostruzione di Pico della Mirandola! Non ho visto il video e credevo che avessero incluso anche lui

    Edited by ‚dafne - 5/11/2016, 23:25
     
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    Wow sì lo ricorda, stesso naso.
     
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    No ma intendo proprio l'avvenenza fisica

    Saranno gusti ovviamente, ma fisicamente lui non mi è mai piaciuto! xD

    Botticelli potrebbe averlo ritratto qui:



    Edited by theflorentineangel - 13/4/2017, 22:13
     
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    Ecco se fosse questo sarebbe già più carino.
     
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  7. cherclarice
     
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    CITAZIONE (‚dafne @ 5/11/2016, 22:59) 
    Wow sì lo ricorda, stesso naso.

    Sì eppure tutt'altra cosa direi rispetto al ritratto. Il tuo sogno adolescenziale può realizzarsi ora XD
     
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    Non ho visto il video e credevo che avessero incluso anche lui

    Ma a questo punto perché non creiamo un topic tutto su Pico? Qui stiamo invadendo l'area del povero Poliziano! xD
     
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  9. cherclarice
     
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    AHAHAH si giusto, dissertando poi sull'avvenenza del suo collega. Irrispettoso proprio direi XD
     
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    Esatto! XD

    Edited by theflorentineangel - 6/11/2016, 08:54
     
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    Oggi, Giornata Mondiale della Filosofia, morì a Firenze nel 1494 il nostro caro Pico! (x)
     
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    DestinoH! Prima di prendere il treno volevo proprio postarvi questa cosa sulla morte di Pico, allora ne approfitto. Premetto che le voci d avvelenamento applicate a ogni morte possibile mi hanno stufato, ma il pezzo in sé parla molto della filosofia di Pico se volete leggerlo tutto.

    CITAZIONE
    The tragedy of Pico’s death, as well as the memory of his brief, incandescent life, has been revived in recent years. In 2007, his remains, together with those of the man who may have been his lover, the scholar-poet Angelo Poliziano, were disinterred from the Dominican Convent of San Marco, in Florence. Both contained toxic levels of arsenic. The results confirmed the suspicions of the doctors who examined the bodies in 1494 (poison was the murder weapon of choice, the digestible bullet, in Renaissance Florence) and brought Pico’s name back into circulation. His death has become the subject of a Florentine murder mystery: a five-hundred-and-twenty-year-old cold case. Who killed Pico della Mirandola? And why?

    In December, 2013, Italy’s self-styled leading art detective, Silvano Vinceti, called a press conference in Florence with what he claimed were new findings. Vinceti was the head of the committee that had exhumed the bodies, six years earlier. At the press conference, Vinceti proposed a solution to the mystery, set in a political shadow world at the intersection of Medici power, papal authority, and fundamentalist religious hysteria. Pico, in Vinceti’s view, was assassinated on the orders of Piero de Medici, the son of Lorenzo the Magnificent.

    Even without the whodunit speculation, the bare facts of Pico’s death are harrowing. He took almost two weeks to die. The king of France, Charles VIII, who was marching from Pisa to Florence at the time (he would take the city on the day of Pico’s death) dispatched his own physicians to tend to the great mind of the age. They arrived too late. Pico fell into a kind of accepting swoon, calm and tranquil. “He asked also all his servants’ forgiveness, if he had ever before that day offended any of them,” Thomas More wrote in 1504, in his brief life of the young Count.

    [...] Last year, the scholars Giulio Busi and Raphael Ebgi poured more oil on the coals of the Pico controversy in a new book, “Giovanni Pico della Mirandola: Mito, Magia, Qabbalah” (“Giovanni Pico della Mirandola: Myth, Magic, Kabbalah”). The work concentrates on Pico’s intellectual and moral range—his challenge to the Church, his relationship with Savonarola, his interest in Platonism and Kabalistic theories, his philosophical interest in beauty—and on his search for esoteric meanings hidden beneath the surface of Old Testament narratives. He spent his days and nights truffling through texts for symbols, much like a semiotician. “Pico is contradictory and must be accepted as a cultural agitator,” Giulio Busi, the director of the Institute of Jewish Studies at the Free University of Berlin, says. “He was much more transgressive than we are usually willing to admit.”

    [...] It is unlikely, though, that Pico had in mind the modern form of individualism. In his fragmentary speeches, letters, and tracts, he was forging a kind of humanism saturated in spirituality. He was on a mystical, otherworldly ascent, very typical of both the Kabbalah and Plato, his two intellectual passions. “Let us spurn earthly things; let us struggle towards the heavenly,” he writes.

    This drift of thought sensitized Pico to the fulminations of Girolamo Savonarola, the “mad monk,” and it may have contributed to his death.

    At his 2013 press conference, Silvano Vinceti claimed to possess a witness chronicle “passed over in silence until now.” It was the diary of Marino Sanuto, a Venetian historian, begun in 1496. By that year, the French king had been and gone; Naples was his final destination. Piero de Medici (dubbed “the Unfortunate”) and his clan were in exile. Moving swiftly to fill the power vacuum left behind, Savonarola took control of Florence. Fearful that Piero de Medici would make a push to regain power, he initiated an anti-espionage sting, arresting a number of nobles with Medici connections. Five were beheaded. Among those hauled in for interrogation was a man named Christopher, from Casalmaggiore. When questioned, he confessed, among other things, that two years earlier, in 1494, he had “hastened the death of his master by poisoning.” His master was Giovanni Pico della Mirandola.

    Vinceti is convinced that Piero de Medici despised Pico because he had “chosen to plead the cause” of his enemy, Savonarola, and that he had him killed. Scholars such as Giulio Busi do not regard Silvano Vinceti highly; he is neither a scientist nor an academic historian. The scientific tests on Pico’s remains were done by scientists from the University of Bologna, the University of Pisa, and the University of Lecce, under Vinceti’s management. His theory of revenge, Medici style, is inflected with the allure of a freshly discovered antique journal, chanced upon in a cobwebbed attic, its pages yellowed, its leather-bound cover coated in dust. In fact ,the diary of Marino Sanuto has long been in print, and the Medici theory is at least a century old. The French writer and Italian expert Léon Dorez aired it as far back as 1898.

    At the same press conference, Vinceti offered a few more possibilities. Savonarola had other powerful enemies with long arms, among them the Borgia Pope Alexander VI. There is also a suggestion that Pico’s Kabbalistic enthusiasms and his open legitimation of “natural” magic—the mystical and esoteric side of his shtick—opened him up to accusations of witchcraft. Giulio Busi, more soberly, believes that “Pico’s death is destined to remain shrouded in mystery”.

    Tutto sul newyorker

    Tanto per smontare le teorie giacobbesche aggiungo:

    CITAZIONE
    Tanti possibili sospetti, dunque. Ma probabilmente la verità è meno romanzesca. L’ipotesi è che i due umanisti siano stati tra le prime vittime del morbo gallico descritto di lì a qualche decennio, nel 1530, da Gerolamo Fracastoro: ossia la sifilide, importata secondo la tesi prevalente dai marinai di Cristoforo Colombo. Una lettera del senese Antonio Spannocchi, datata 29 settembre 1494, racconta la fine di Poliziano poco dopo la morte di un ragazzo da lui amato, e con i medesimi sintomi. Anche lui nelle ultime due settimane era stato preso da una febbre violenta e aveva cominciato a delirare proclamandosi Cristo. Mentre un amico che venne a trovarlo si sentì apostrofare come San Pietro. Chi era? Il conte Pico...

    tutto su lastampa
     
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    Ho trovato qualche informazione sulla cappella del Miracolo affrescata da Cosimo Rossellini nella Chiesa di Sant'Ambrogio a Firenze: in questo particolare de Il miracolo del Calice pare infatti che il pittore abbia raffigurato da sinistra verso destra i ritratti dell'Alberti, Pico e Poliziano.

    cosimo_rosselli_cappella_del_miracolo_umanisti



    Edited by florentineangel - 17/9/2017, 16:26
     
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    Carini! Non sono pratica delle altre facce ma Pico sembra proprio lui.
     
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