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CITAZIONE La proposta interpretativa più suggestiva - e che meglio risponde anche all'idea che l'immaginario collettivo ha del papa Borgia - è quella di Alessandro VIpontifex-imperator. Potere spirituale e potere temporale sono in lui tanto intimamente e profondamente connessi che la sovranità pontificia si esplicita nel rapporto tra capo della Chiesa e sovrano di un territorio. Questa è anche, probabilmente, l'anima della sua ideologia e l'essenza del suo progetto. Un progetto che non può essere ridotto alla sola costruzione di un forte potere signorile per la propria famiglia. Il nepotismo acquista con Alessandro significati diversi: non solo promozione familiare, ma vero e proprio strumento di dominio e di rafforzamento del potere. Il convegno di Perugia è forse quello, tra quanti stiamo organizzando, che meglio consente di capire quale era il suo progetto politico ed istituzionale. L'azione politica del pontefice nel suo stato può dare elementi di lettura essenziali per l'analisi del suo pontificato. Machiavelli caratterizza in modo incisivo i principati ecclesiastici: «Costoro soli hanno stati e non gli difendono; hanno subditi e non li governano. E gli stati, per essere indifesi, non sono loro tolti; et e subditi, per non essere governati, non se ne curano, né pensano, né possono alienarsi da· loro» . Al controllo ed al sistema difensivo del territorio sono dedicati interventi in questo incontro. Machiavelli aveva anche già affermato che si ottengono «O per virtù o per fortuna, e sanza l'una e l'altra si mantengono»; non so, in questo caso, se più attento alla biografia di Rodrigo o a quella di Cesare. La sovranità spirituale e temporale di Alessandro VI sembra fortemente radicata nel saldo possesso dei territori pontifici, e gli strumenti che hanno consentito al Borgia di assumere un ruolo rilevante vanno sicuramente ricercati nella sua azione, nel funzionamento delle strutture papali e nel loro rapporto con il territorio, le istituzioni, la società. La sua è una vera e propria sovranità spirituale e temporale radicata fortemente nel possesso saldo dei territori; i suoi modelli non sembrano solo i pontefici medievali (anche se la loro ideologia è fortemente presente), ma le signorie quattrocentesche. La storiografia ha sempre privilegiato il ruolo internazionale della politica di Alessandro VI; la sua azione politica sullo Stato pontificio è emersa più lentamente. Nel percorso storiografico che le manifestazioni del Comitato nazionale tracciano, con il tema Alessandro VI e lo Stato della Chiesa si vuole porre attenzione più che all'ideologia al progetto politico ed istituzionale.
Lo Stato pontificio a fine Quattrocento è una realtà complessa e diversificata, segnata da un forte particolarismo nei diversi «domini». Alessandro VI, che conosceva perfettamente le sue strutture, per gli importanti incarichi ricoperti nei tantissimi anni di permanenza in Curia, perseguì una politica di stretto controllo, favorì la creazione di ufficiali centrali, colpì le ndite signorili derivanti dall'allevamento, accentuò l'incameramento dei ��lanci ordinari a favore della Santa Sede, intervenne sul collegio cardinalizio, che dalla nobiltà romana era influenzato, con la sottrazione dell'appoggio napoletano ai baroni ro�� ni. L� Romagna: l� Marca d� �cona, Perugia, l'Umbria, Benevento verificano Il suo quotidiano eserciZIO del potere sul territorio e il lavoro su queste realtà consentirà una valutazione non convenzionale di aspetti ancora non del tutto chiariti (talvolta appiattiti sul la situazione dei decenni successivi) relativi alle fondamentali strutture po litiche ed amministrative dei domini papali e agli assetti istituzionali delle terre e delle città della Chiesa, al ruolo dei vicari nelle terre mediate su biectae, all'importanza complessiva delle oligarchie in quelle immediate subiectae. L'azione politica di Alessandro VI trasformò l'assetto che da qualche tempo si era costituito all'interno delle terre della Chiesa, e aprì, in certo qual modo, nei riguardi della grande nobiltà, nuove prospettive, che sareb bero state realizzate in seguito dai successori. Utilizzò il crollo degli equi libri italiani e delle accese lotte tra le potenze europee per il predominio nel la penisola, per tentare di attuare un proprio progetto; eliminò antichi vica riati; ridimensionò il potere feudale di grandi famiglie baronali; promosse la costituzione di potentati a lui fedeli. Non possiamo però attribuire alla sua azione politica, la volontà di attuare un governo fortemente centraliz zato, che egli non tentò mai di realizzare, preferendo invece la creazione di signorie per i figli. Resta comunque il giudizio del Machiavelli: «Surse dipoi Alessandro VI, il quale, di tutti e pontifici che sono mai stati, mostrò quanto uno papa e col danaio e con le forze si poteva prevalere [ ... ] E benché la 'ntenzione sua non fussi fare grande la Chiesa, ma il Duca, nondimeno ciò che fece tornò a grandezza della Chiesa: la quale dopo la sua morte, spento il duca, fu erede delle sue fatiche. Venne di poi papa Iulio; e trovò la Chiesa grande». MASSIMO MIGLIO
CITAZIONE Penso si possa dire che Alessandro VI aveva al momento della sua elezione la chiara consapevolezza di un progetto. Non si può certo pensare che esso possa essere ridotto unicamente all'ingrandimento nepotistico - o, per meglio dire direttamente, filiale - della sua famiglia trasformando la monarchia papale in una dinastia ereditaria. Il suo scopo era quello di utilizzare lo Stato pontificio, rafforzato e ammodernato nelle sue strutture, per fondare un Tempelstaat, uno Stato in cui potere temporale e potere spirituale fossero totalmente fusi, come strumento per poter affermare la leadership della Chiesa romana nel nuovo mondo emergente dei nuovi Stati europei. Penso sia ancora utile richiamare questa vecchia espressione del Gregorovius secondo il quale il predecessore di Innocenza VIII e di Alessandro VI, Sisto IV, può essere considerato il primo papa-re e Giulio II, il successore (non considerando il brevissimo pontificato di Pio III), colui che portò a compimento questa costruzione destinata a soccombere o trasformarsi radicalmente nel nuovo panorama nato dalla frattura religiosa2. Il pontificato di Alessandro VI non può quindi essere considerato come una parentesi: la sua indubbia intelligenza e la sua lunga esperienza, la sua autorità di quasi un quarantennio come cardinale vicecancelliere della curia romana non permettono giudizi semplicistici e in ogni caso coinvolgono non soltanto la sua persona ma una intera classe dirigente e un'intera epoca della storia della Chiesa e dello Stato papale. Atti del convegno "Alessandro VI e lo Stato della Chiesa", che si possono leggere qui.
Edited by ‚dafne - 31/5/2016, 10:59
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