Ludovico "il Moro" Sforza e Beatrice d'Este

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. marie.
     
    .

    User deleted


    M0AF5gd


    CITAZIONE
    Ludovico Sforza duca di Milano, detto il Moro. - Figlio (Vigevano 1452 - Loches, Francia, 1508) di Francesco Sforza e di Bianca Maria Visconti; reggente (1480) per il nipote Gian Galeazzo, ne usurpò il potere. Dapprima alleato del Regno di Napoli, si avvicinò poi al re di Francia Carlo VIII (1492). Investito del ducato di Milano (1494) da Massimiliano d'Austria, alla discesa di Carlo VIII in Italia entrò nella lega antifrancese guidata da Venezia, che respinse l'invasore. Salito al trono di Francia Luigi XII, questi si alleò con Venezia e con il papa e conquistò Milano (1499), da cui L.S. fuggì. Un anno dopo tentò la riconquista del ducato ma, tradito dalle truppe mercenarie svizzere, fu consegnato al nemico.

    VITA E ATTIVITÀ
    Dopo la morte (1476) del fratello maggiore Galeazzo Maria, duca di Milano, L., fallito un tentativo di sostituire il nuovo duca, il fanciullo Gian Galeazzo, col proprio fratello Sforza Maria, con questo e l'altro fratello Ascanio fu condannato al confino (1477). Ribellatasi Genova al governo sforzesco (1478), vi conveniva con i fratelli e Roberto Sanseverino (figlio di una sorella di Muzio Attendolo) per farne la base dei proprî intrighi, appoggiato dal re di Napoli, che lo investiva del ducato di Bari (1479). Ottenuto di poter rientrare in Milano e sbarazzatosi di Cicco Simonetta, riuscì a farsi nominare tutore di Gian Galeazzo (1480): da questo momento fu di fatto il vero duca di Milano, ma dovette eliminare i suoi alleati, tra cui il Sanseverino, che dichiarò ribelle (1482). Continuò allora la politica d'amicizia col re di Napoli (la cui figlia Isabella d'Aragona sposò Gian Galeazzo), fu suo alleato nella guerra di Ferrara (1482-84) e lo aiutò durante la congiura dei baroni (1485-86). Ripresa Genova (1487), bloccate le mire di Firenze su Forlì intervenendo in favore della nipote Caterina Sforza Riario, vedova del signore di quella città, mutò i rapporti con Napoli; strinse allora una lega difensiva con Carlo VIII di Francia (1492), mentre il fratello, cardinale Ascanio, si adoperava ricorrendo alla simonia per l'elezione di un papa favorevole, che fu poi Alessandro VI. Ma la minaccia della calata in Italia di Carlo VIII coalizzò Napoli, Firenze e Roma, mentre la freddezza di Venezia nei confronti del Moro spingeva questo a stringersi sempre più alla Francia, e nello stesso tempo a cercare di bilanciare tale alleanza con l'amicizia di Massimiliano d'Austria, che gli concedeva (1494) l'investitura del ducato di Milano. Ma sceso Carlo VIII in Italia, il Moro gli divenne subito avversario ed entrò nella lega strettasi a Venezia contro la Francia. Morto Gian Galeazzo (1494) e ritornato in Francia Carlo VIII, la potenza di L., arbitro quasi delle cose d'Italia, fu al culmine, insidiata solo dalla gelosia di Venezia. Ma successo al trono di Francia Luigi XII, già suo acerrimo nemico e pretendente al ducato di Milano, questi, proclamatosi duca di Milano e alleatosi con Venezia e con il papa, inviò G. G. Trivulzio a conquistare il ducato. Il Moro riparò allora a Innsbruck (1499), tentando qualche mese dopo la riconquista, ma tradito a Novara dalle truppe svizzere che, fino ad allora fedeli, erano state il nerbo del suo esercito, fu consegnato ai Francesi (1500). Trasferito in Francia, là visse fino alla morte. Mecenate splendido, incoraggiato anche dalla moglie Beatrice d'Este, uomo scaltro e intrigante, non seppe però dare al ducato una consistenza organizzativa che in qualche modo gli sopravvivesse.

    treccani


    TCfjtRG

    CITAZIONE
    Beatrice d'Este duchessa di Milano. - Figlia (1475-1497) di Ercole I d'Este; sposò nel 1491 Ludovico Maria Sforza (il Moro) portando nella corte di Milano il suo gusto per l'arte e l'eleganza, e rivaleggiandovi con Isabella d'Aragona moglie del duca Gian Galeazzo. Gelosa del marito, quando questi, divenuto duca di Milano (1494), volle accanto a sé come favorita Lucrezia Crivelli, si appartò completamente dalla corte.

    Qui c'è un post simpatico su come Beatrice sia stata la fashion icon milanese e non solo. Ne riporto qualcosa:

    CITAZIONE
    Ludovico intavola una vera e propria azione di “advertising” ante litteram. Per questa propaganda giocata sull’immagine, Ludovico sfrutta Beatrice e la sua grande passione per la moda. Non a caso, il cronachista Muralto la definisce novarum vestium inventrix e altri menzionano la sua abitudine di passare notti intere a confezionare abiti per lei e per le sue minute damigelle di compagnia, selezionate accuratamente in base alla statura per non evidenziare la sua altezza “poco svettante”. Beatrice corregge questa lieve manchevolezza esattamente come tutte le donne moderne: arrampicandosi sulle zeppe, oggi conservate al Museo della Calzatura di Vigevano. I tacchi non sono una sua invenzione, presumibilmente la Duchessa aveva preso spunto dalla moda turca. La storia dei tacchi comincia come quasi ogni vicenda della civiltà: in Egitto e per necessità. Le prime zeppe, infatti, servivano ai macellai per non camminare sul sangue animale e anche durante il Medioevo erano impiegate per proteggere i piedi. La duchessa doveva essere talmente affezionata ai suoi trampoli che, come testimonia il monumento funebre Sforza della certosa di Pavia (quello che mi ha fatto ridere e inimicarmi tutti i topi della biblioteca Sormani), se le porta persino nella tomba. In fondo, quale donna non accetterebbe di passare l’eterno riposo con un paio di Christian Louboutin? Di certo quelle di Beatrice saranno state delle rispettabili antenate.

    Con femminea ostentazione, Beatrice disegna alcuni schizzi per i suoi abiti e li invia alla sorella Isabella che, a Mantova, si barcamena come può in una situazione economica sì florida, ma non opulente come quella goduta da Beatrice. L’affetto reciproco si tinge con una buona dose d’invidia. A un certo punto, le sorelle si contendono anche un sarto famoso e indovinate quale delle due la spunta con un onorario a molteplici zeri. Ludovico, intanto, dispone una cifra strabiliante in favore della consorte, la ricopre di tessuti e gemme preziose che lei declina in mille creazioni haute couture. Non sono soltanto vezzi: sfoggiando broccati, rubini e diamanti, abbaglieranno il popolo milanese che, infine, inneggerà al nome del Moro dimenticando Gian Galeazzo. Il successo è assicurato, ci racconta il Trotti (cronista ufficiale di corte): «Qui si è cridato sempre: “Moro! Moro!”, che è il signore Ludovico, né mai si è cridato “Duca! Duca!».

    La seta che indossa la coppia nasce da bachi che crescono sui gelsi delle pianure pavese e vigevanese. Il gelso, in latino Morus, i milanesi lo chiamano morón o morone. Secondo alcuni storici, il soprannome di Ludovico è proprio da mettere in parallelo alla sua politica di sviluppo della produzione serica in Lombardia. In più, il gelso è il primo a far frutti, l’ultimo a perdere le foglie, brand calzante per un uomo che brama il potere.

    Anche Beatrice diventa un manifesto pubblicitario vivente e, con lei, anche il suo corteo. I vestiti di Beatrice, come quelli di suo marito, portano ricamate le cosiddette imprese, cioè i loghi e i motti che Ludovico ha scelto per sé. Entrambi hanno nei loro guardaroba dei broccati ricamati con «compassi e scopini», emblemi di Ludovico e della casata degli Sforza. Nel busto scolpito da Gian Cristoforo Romano (conservato al museo del Louvre), la duchessa ha il petto ornato dall’anello della casata estense e dal buratto (setaccio) degli Sforza, intrecciati a ricordo del legame matrimoniale.

    Nella Pala Sforzesca conservata alla Pinacoteca di Brera, ha i capelli stretti nel cosiddetto coazzone (acconciatura a coda di cavallo molto in voga nella Milano quattrocentesca) da cui spunta, vigoroso, il balasso, una specie di rubino di cui Ludovico possedeva un altro esemplare stimato per 250.000 ducati. Cifra esorbitante se pensiamo che per comprare un comune dell’Oltrepò pavese, ai tempi, ne bastassero 5.000.

    Ecco le scarpe di Vigevano:

    image


    Canonica della Basilica di Sant'Ambrogio a Milano. Portale d'ingresso alla basilica, lato destro: busto di Beatrice d'Este

    Milano_Canonica_S_Ambrogio_05_Beatrice_d


    La tomba dei coniugi duchi di Milano (fonte):

    cristoforo_solari_effigies_of_lodovico_sforza_an


    Retro del busto di Beatrice:

    8067_OP979_AU13081



    CITAZIONE
    The charm of her personality, the important part which she played in political life at a critical moment of Italian history, her love of music and poetry, and the fine taste which she inherited, in common with every princess of the house of Este, all help to make Beatrice singularly attractive, while the interest which she inspires is deepened by the pathos of her sudden and early death. If in Isabella we have the supreme representative of Renaissance culture in its highest and most intellectual phase, Beatrice is the type of that new-found joy in life, that intoxicating rapture in the actual sense of existence, that was the heritage of her generation, and found expression in the words of a contemporary novelist, Matteo Bandello—himself of Lombard birth—when with his last breath he bade his companions live joyously, "Vivete lieti!"

    Medaglia di Ludovico:

    original


    x

    Portale d'ingresso alla Basilica di Sant'Ambrogio a Milano.

    Milano_Canonica_S_Ambrogio_04_Ludovico_il



    Edited by ‚dafne - 23/11/2016, 14:01
     
    Top
    .
31 replies since 14/3/2013, 15:32   1796 views
  Share  
.
Top