Ludovico Ariosto e il Furioso

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    Ariòsto, Ludovico. - Poeta (Reggio nell'Emilia 1474 - Ferrara 1533), figlio di Niccolò e Daria Malaguzzi Valeri. È il maggiore poeta italiano dell'epica cavalleresca. Nel 1516 uscì la prima edizione dell'Orlando furioso, poema in ottave di grande e immediato successo; presentato come continuazione dell'Orlando innamorato di M.M. Boiardo, era composto da 40 canti che nell'edizione del 1532 sarebbero diventati 46. Durante la stesura del suo capolavoro, A. scrisse anche le Satire (scritte fra il 1517 e il 1524 e pubblicate postume nel 1534) e alcune commedie. La caratteristica principale dell'Orlando furioso, prima opera di un autore non toscano nella quale viene usato il toscano come lingua letteraria nazionale, è una trama ricca di colpi di scena, nella quale le vicende principali si diramano in episodi secondari

    continua su treccani

    Una bella puntata del Tempo e la Storia è qui: click

    Edited by ‚dafne - 10/7/2016, 12:13
     
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    CITAZIONE
    Ogni italiano ha sentito nominare il gran poema di Ludovico Ariosto, l’Orlando furioso, di cui quest’anno ricorre il 500° anniversario. Molti ne hanno letto svogliatamente qualche brano nell’antologia scolastica – per lo più la scena della pazzia del conte che, tradito dalla bella Angelica, si spoglia nudo e si accanisce a sfasciare alberi e piante. Pochissimi, però, lo hanno letto davvero – si intende: dall’inizio alla fine. Né sono stati invogliati a farlo.

    Perfino quando la Rai divulgava a puntate e in bianco e nero i capolavori della letteratura italiana e mondiale (dai Promessi sposi ai Fratelli Karamazov fino al Mulino del Po) nessuno ne azzardò una riduzione. Trama improbabile e dispersiva? Troppi personaggi? Troppa violenza esagerata? Troppo fantastico? La versione televisiva del celebrato spettacolo di Luca Ronconi passò sul piccolo schermo solo nel 1975. Ma anche il nostro cinema non ha mai creduto nell’intrattenimento colto e insieme popolare: gli spettatori italiani che avevano affollato le sale per Excalibur non colsero il richiamo del film fantastico-cavalleresco di Giacomo Battiato, I Paladini, imperniato sulla vicenda di Ruggero e Bradamante (1983). Da allora, salvo un’opera-movie statunitense da Vivaldi con Marilyn Horne nel ruolo di Orlando, più nulla. I cavalieri di re Carlo e i loro omologhi saraceni spariscono, inghiottiti nelle elitarie contrade dell’accademia.

    È un’eclissi che grida vendetta. Per secoli l’Orlando furioso è stato uno dei pochi libri italiani che tutti avevano letto – non per dovere o studio ma per diletto, cioè per il motivo principale per cui in fondo si dovrebbe dedicare una parte del proprio tempo alla lettura. Le edizioni, le traduzioni in tutte le lingue, e le ristampe (anche pirata) non si contano. Come i seguiti, i rifacimenti, le continuazioni delle avventure di un singolo personaggio, marginale nell’opera magna ma eletto a protagonista nell’opera derivata (oggi nella narrativa globale si preferiscono i termini inglesi sequel, remake, spin off) – che qualsiasi poetastro si sentiva autorizzato a comporre. Perfino l’onomastica italiana ne fu mutata, e città e campagne, corti e bordelli conobbero un profluvio di Doralice, Olimpia, Isabella, Ginevra. Né si contano i quadri ispirati ai personaggi del poema (per lo più femmine nude in pericolo), che i pittori di tutta Europa dipinsero dalla sua pubblicazione e fino alla fine dell’Ottocento.

    Il mondo dell’Orlando furioso – un patrimonio inesauribile di personaggi, avventure, sogni, follie – ha accomunato per secoli ricchi e poveri, dotti e illetterati, aristocratici e calzolai. Nelle contrade più remote pastori e pecorai sapevano recitarlo a memoria, e improvvisare varianti della storia per il diletto dei viandanti. Ancora negli anni Settanta tutti sapevano chi fossero Atlante, Medoro, Fiordiligi. In meno di tre decenni, ogni ricordo si è perduto. I duelli di Rinaldo, Mandricardo, Bradamante, Marfisa e infiniti altri, i viaggi, le magie, gli incantesimi, le ricerche insensate, le folli fughe, non hanno lasciato impronte nel nostro immaginario collettivo di italiani – in cui galleggiano, nel migliore dei casi, frantumi sparsi di versi. Ridotti a citazioni ironiche («ecco il giudicio uman come spesso erra!»), o parole entrate nell’uso comune («gradasso», «rodomonte») di cui si è dimenticata la fonte. Le invenzioni di Ariosto hanno fecondato il genere fantastico (oggi si preferisce dire fantasy), e perfino lo splatter e il pulp – ma pochi tra quanti esaltano i sanguinolenti duelli delle serie tv oggi in gran voga ricordano l’archetipo da cui sgorga il piacere inverosimile dell’avventura.

    Melania Mazzucco - continua su Il Venerdi

    CITAZIONE
    Non ha senso leggere oggi Orlando furioso, a meno che non capiti qualcosa che ti fa innamorare, come è capitato a me, molti anni dopo averlo sentito appena nominare a scuola.

    Negli anni del liceo io scappavo come un cavallo e Ariosto lo sfiorai appena, era un nome in una canzone di Venditti, lo guardai passare come Angelica in fuga nella prima scena. Pochi professori si lanciano all'inseguimento , perché è troppa la roba da fare nel programma per fermarsi a lungo nel poema che non si ferma mai, che comincia già iniziato (come un film di 007) e finisce senza finire (come un film di 007, ma di quelli di oggi, con un sacco di azione e di effetti speciali). Così che io l'ho scoperto a quasi 40 anni, grazie a un mio amico che non finirò mai di ringraziare per avermela presentata, la lingua di Ariosto, la sua fantasia.

    Leggi questa, mi disse, ed era la pagina in cui Astolfo va sulla luna "altri fiumi altri laghi altre campagne...". Lascio ai letterati le analisi e le informazioni, e li ringrazio da lettore, io sono qui attaccato alla transenna con la fascia in testa a fare il fan di Ludovico Ariosto e del suo innumerevole spettacolo di energia e azione, dove le parole schizzano come sangue finto in un film di Tarantino. Il ritmo, la velocità, la precisione delle scene, il montaggio, le zoomate repentine, la scenografia, la fantasia della lingua, la precisione dell'ottava rima, l'invenzione continua, la sensualità, le battaglie, il divertimento, la mancanza di giudizio. Il puro entertainment, l'elettricità, la luce.

    Il Poema si svolge in un adesso assoluto, in un mezzogiorno continuo di un mondo sconfinato eppure percorribile a salti come fosse un campetto di pallone in periferia, dove non cala mai la sera e il metallo delle armature lampeggia e fa socchiudere gli occhi, come in un film dei transformer, ma con la maestria poetica di un signore che ha dedicato una vita a scolpire le parole e poi a lubrificarle. Un incrocio tra Michelangelo e un ingegnere aeronautico. L'ottava rima è la madre del free style improvvisato, eppure Ariosto ci ha messo trent'anni a cesellare le rime, perché questa poema è tutto e il suo contrario, è jazz e partitura, coreografia e delirio, attrazione e cura.

    Orlando furioso sta alla letteratura come la scoperta dell'America (che è contemporanea al poema) sta alla geografia (fisica e politica, risorse del sottosuolo, muschi e licheni, guerre di conquista). Colombo pensava di aver trovato una scorciatoia per le Indie, ma era appena sbarcato in un mondo nuovo, che da allora è sempre rimasto nuovo. Gli eredi di Ariosto non sono solo gli scrittori ma i registi, gli inventori, i ballerini di liscio, i programmatori di software, i disegnatori di fumetti, i viaggiatori, i cuochi, gli amanti, i pazzi, i calciatori, i maghi, le contorsioniste, le rockstar e gli astronauti.

    Jovanotti - continua su Il Venerdì

    CITAZIONE
    Sgarbi, cos’ha ancora da insegnare l’Orlando furioso?
    «Non ha mai avuto nulla da insegnare ed è stata la sua forza maggiore. Creò difficoltà al De Sanctis perché non c’era alcuna pulsione verso l’Italia o il Risorgimento nei suoi versi. Poeta dell’armonia secondo Croce, secondo me va letto per puro piacere. Poi nelle pieghe del piacere affiorano dimostrazioni di tolleranza e di dolcezza, in sostanza di umanità. Si tratta di una letteratura che non genera fanatismo, che non induce alla realizzazione di ideali o di imprese a cui piegare la società. Ariosto mira alla libertà dei sogni, alla fantasia».
    In città qual è il primo luogo dove lo andrebbe a cercare?
    «Andrei giustappunto in piazza Ariostea, una sorta di anfiteatro con una colonna alta trenta metri dove il poeta è stato proiettato verso il cielo, all'altezza dei suoi sogni. Guardandolo dal basso non ho mai visto la sua faccia, perché è stato innalzato oltre il visibile».
    [...]
    E intorno agli Estensi?
    «Riflettendo sul rango sociale di Ariosto, lo status di uomo legato al potere credo fosse parallelo a quello di poeta. Come tale doveva sopravvivere e accettava di essere un cortigiano di Alfonso I d’Este. Per stampare le trecento copie dei suoi libri, che suppongo non gli dessero chissà quali diritti d'autore, sopportava la situazione. Pubblicava per il piacere di fare una cosa bella e aveva più ragioni lui di Benigni. Di sicuro era più autonomo economicamente, ma non bisogna tralasciare che l’opportunismo negli intellettuali è naturale, non debbono essere degli eroi».

    Sgarbi su La nuova Ferrara

    Edited by ‚dafne - 10/10/2016, 14:48
     
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    Bellissimo frontespizio del 1542!

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    È un’eclissi che grida vendetta.

    This. Lo sto leggendo ora e mi sta piacendo tantissimo ç__ç
    Non mi sorprende che sia stato adattamento raramente perché i personaggi e gli eventi sono tantissimi, e il fatto che il ridicolo e l'improbabile la facciano da padroni non aiuta XD Forse la soluzione sarebbe una serie alla Galavant.
     
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    Lo stai leggendo per questione di uni o per piacere personale? <3 io ne ho letto solo dei passaggi ma pensavo di colmare questa lacuna, a casa dei miei ho anche la versione di Calvino.
     
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    Lo sto leggendo per piacere personale, avevo conservato un bel ricordo dei brani letti a scuola, e ogni volta che beccavo un riferimento al Furioso rimanevo intrigata, così eccomi qui XD Temevo che il turbinio di cavalieri e donzelle sarebbe risultato ripetitivo, invece i personaggi sono molto ben distinti, c'è un bel mix di trope stravecchi e twist inaspettati, e soprattutto c'è tantissima ironia, che è la cosa più importante.
    Sono molto curiosa di leggere la versione di Calvino, anche se dovrà aspettare un po' (circa 900 pagine di Ariosto XD)
     
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    Segnalo che su Raiplay si può vedere lo spettacolo teatrale Giocando con Orlando, con Marco Baliani e Stefano Accorsi. Ne ho visto una parte su Rai5 e mi è piaciuta molto, conto di recuperare il resto quanto prima <3

    Dai RaiPlay:
    CITAZIONE
    Attore, regista e drammaturgo, Marco Baliani ha trasformato i 38.746 versi dell’Orlando Furioso e le donne i cavalier, l’arme, gli amori nel nuovo spettacolo Giocando con Orlando, un’inedita ballata in ariostesche rime e una singolar tenzone per il palcoscenico da condursi corpo a corpo, rima dopo rima con Stefano Accorsi.

    Coincidenze, occasioni e imprevisti hanno generato questa nuova avventura, che parte dal successo dell’edizione di Furioso Orlando, e raccoglie la necessità e la rinnovata sfida di provare a esplorare il testo in una direzione ancor più radicale dove l’arte sublime del giullare e dell’improvvisazione fa risuonare i corpi in scena attraversati da rime, versi, suoni, rumori trasformandoli in uno e in tutti i personaggi e nei mostri e nelle creature magiche del celebre ‘cantare’.

    “Lo scorso luglio ero ad Asti – racconta Baliani – per la regia della stagione estiva del Furioso Orlando, ma quel giorno l’attrice – Nina Savary – non è riuscita a prendere l’aereo, le scenografie non sono partite da Napoli e c’erano più di ottocento prenotazioni…Il produttore Marco Balsamo e gli organizzatori erano disperati, con Stefano Accorsi ci siamo messi a tavolino: siamo andati in scena così, senza costumi e luci, improvvisando. Io, che non conoscevo a memoria il testo, ho recitato le parti femminili e ho riprodotto con il suono della voce tutti i rumori di scena. Lì è nata l’idea di creare una nuova messinscena, con soltanto noi due attori in scena, tornando un po’ al fondamentalismo del mio Kohlhaas. È un nuovo esperimento, una nuova tappa di lavoro”.

    Stefano Accorsi sarà ancora il paladino Orlando, ma anche il cantore che aggancia i vari episodi nel flusso della storia, Marco Baliani sarà invece un fool, un regista in scena, pronto ad essere spalla e comprimario, a tendere trappole e inventare strofe.

    Lo spettacolo parte sempre dalle due storie d’amore principali: il paladino Orlando che insegue la bella Angelica e la guerriera cristiana Bradamante innamorata di Ruggiero, cavaliere saraceno destinato alla conversione, per poi moltiplicare i personaggi, creandone altri intorno, mostri compresi, per condurli a giocare sulla corrispondenza delle rime infilate in un ritmo galoppante, con molta improvvisazione verbale, con rime difficili da trovare, con gesti difficili da compiere.

    Mimmo Paladino con i suoi celebri cavalli, realizza la giostra per i duelli, gli amori, gli scontri e gli incontri dei cavalieri che appaiono e scompaiono nel girotondo che il gioco impone. In un impianto scenico firmato da Daniele Spisa si muovono i costumi di Alessandro Lai nel disegno luci di Luca Barbati.
     
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    Simpatica questa cosa, non ne sapevo nulla!
     
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