Niccolò Machiavelli e "Il Principe"

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  1. marie.
     
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    PDI4j

    CITAZIONE
    Nato a Firenze nel 1469 da un'antica ma decaduta famiglia, fin dall'adolescenza ebbe dimestichezza con i classici latini. Inizia la sua carriera in seno al governo della repubblica fiorentina alla caduta di Girolamo Savonarola. Eletto gonfaloniere Pier Soderini, divenne dapprima segretario della seconda cancelleria e, in seguito, segretario del consiglio dei Dieci. Svolse delicate missioni diplomatiche presso la corte di Francia (1504, 1510-11), la Santa Sede (1506) e la corte imperiale di Germania (1507-1508), che lo aiutarono non poco a sviluppare il suo sistema di pensiero; inoltre, tenne le comunicazioni ufficiali fra gli organi di governo centrali e gli ambasciatori e funzionari dell'esercito impegnati presso le corti straniere o nel territorio fiorentino.

    Ad ogni buon conto, sono proprio le missioni diplomatiche in ambito italiano che gli danno l'opportunità di conoscere alcuni Prìncipi e di osservarne da vicino le differenze di governo e di indirizzo politico; in particolare, ha modo di conoscere e lavorare per Cesare Borgia e in questa occasione mostra interesse per l'astuzia politica e il pugno di ferro mostrati dal tiranno (il quale aveva da poco costituito un dominio personale incentrato su Urbino).
    Proprio a partire da questo, successivamente nella maggior parte dei suoi scritti tratteggierà analisi politiche assai realistiche della situazione a lui contemporanea, confrontandola con esempi tratti dalla storia (soprattutto da quella romana).
    Ad esempio, nella sua opera più famosa, "Il Principe" (scritto negli anni 1513-14, ma pubblicato a stampa solamente nel 1532), analizza i vari generi di principati e di eserciti, cercando di delineare le qualità necessarie a un principe per conquistare e conservare uno stato, e per ottenere il rispettoso appoggio dei sudditi. Grazie alla sua preziosa esperienza egli tratteggia la figura del governante ideale, in grado di reggere uno stato forte e di affrontare con successo sia gli attacchi esterni sia le sollevazioni dei sudditi, senza farsi troppo vincolare da considerazioni morali ma solo da realistiche valutazioni politiche. Ad esempio, se la "realtà effettuale della cosa" si presenta come violenta e dominata dalla lotta, il principe dovrà imporsi con la forza.

    La convinzione, oltretutto, è che sia meglio essere temuto piuttosto che amato. Certo, in verità sarebbe auspicabile ottenere entrambe le cose ma, dovendo scegliere (poiché risulta difficile unire le due qualità), per un principe è molto più sicura la prima ipotesi. Secondo Machiavelli, dunque, un principe dovrebbe interessarsi solo del potere e sentirsi vincolato solo da quelle norme (tratte dalla storia) che conducono le azioni politiche al successo, superando gli ostacoli imprevedibili e incalcolabili posti in gioco dalla Fortuna.

    Anche lo scrittore, comunque, ebbe modo di applicarsi come politico, purtroppo non con grande fortuna. Già nel 1500, quando era appunto alla corte di Cesare Borgia, in occasione di una accampamento militare, comprese che i mercenari stranieri erano più deboli di quelli italiani. Organizza allora una milizia popolare con cui assicurare la difesa patriottica del bene comune della Repubblica di Firenze (aveva l'incarico di organizzare la difesa militare di Firenze dal 1503 al 1506). Quella milizia però fallisce nella prima azione nel 1512 contro la fanteria spagnola a Prato, e così viene deciso il destino della Repubblica e della carriera di Machiavelli. Dopo la fine delle Repubblica di Firenze i Medici ricuperano il potere su Firenze con l'aiuto degli Spagnoli e della Santa Sede e Machiavelli viene licenziato.

    Nel 1513, dopo un complotto fallito, viene ingiustamente arrestato e torturato. Poco dopo l'elezione di Papa Leone X (delle famiglia dei Medici), gli viene finalmente concessa la libertà. Si ritira allora a Sant'Andrea, nella sua proprietà. In quella sorta di esilio scrive le sue opere più importanti. In seguito, malgrado i tentativi di raggiungere il favore dei suoi nuovi sovrani, non riesce ad ottenere nel nuovo governo una posizione simile a quella passata. Muore il 21 Giugno del 1527.
    fonte

    CITAZIONE
    Machiavelli was undoubtedly a man of great observation, acuteness, and industry; noting with appreciative eye whatever passed before him, and with his supreme literary gift turning it to account in his enforced retirement from affairs. He does not present himself, nor is he depicted by his contemporaries, as a type of that rare combination, the successful statesman and author, for he appears to have been only moderately prosperous in his several embassies and political employments. He was misled by Catherina Sforza, ignored by Louis XII, overawed by Cesare Borgia; several of his embassies were quite barren of results; his attempts to fortify Florence failed, and the soldiery that he raised astonished everybody by their cowardice. In the conduct of his own affairs he was timid and time-serving; he dared not appear by the side of Soderini, to whom he owed so much, for fear of compromising himself; his connection with the Medici was open to suspicion, and Giuliano appears to have recognized his real forte when he set him to write the "History of Florence," rather than employ him in the state. And it is on the literary side of his character, and there alone, that we find no weakness and no failure.

    Although the light of almost four centuries has been focused on "The Prince," its problems are still debatable and interesting, because they are the eternal problems between the ruled and their rulers. Such as they are, its ethics are those of Machiavelli's contemporaries; yet they cannot be said to be out of date so long as the governments of Europe rely on material rather than on moral forces. Its historical incidents and personages become interesting by reason of the uses which Machiavelli makes of them to illustrate his theories of government and conduct.

    W. K. Marriott, Fordham University

    Edited by ‚dafne - 9/6/2013, 16:48
     
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